Nome in codice: Wunderwaffen

"L'esito di una battaglia cruciale dipende da voi. A mille chilometri dalle frontiere del Reich è in gioco il destino presente e futuro della Germania!". La voce sibilante ed echeggiante del dittatore risuona al comando dell'Heeresgruppe Süd a Zaporozhye, nelle pianure meridionali dell'Ucraina, nel pomeriggio del 19 febbraio 1943. Adolf Hitler in persona è piovuto sul campo, incurante del riecheggiare sempre più vicino del rombo dell'artiglieria campale sovietica, per incontrare i soldati reduci dal fronte del Don e dalla disfatta di Paulus a Stalingrado. Il morale tra le truppe tedesche è eccezionalmente basso, la rapida avanzata di Rokossovskij ha spento la baldanza con cui la Wehrmacht si era mostrata in campo nel tentativo di conquista del Caucaso e dei suoi ricchi pozzi petroliferi. Di fronte allo spettro di una disfatta tale da rovesciare di colpo le sorti della guerra, il Führer è intervenuto direttamente per ridare un barlume di speranza alle divisioni impegnate al fronte. Ma non c'è solo retorica nelle parole dell'ex caporale austriaco divenuto padrone dell'Europa: c'è spazio anche per qualche promessa, per qualcosa di mai udito primo, per una parola che deve ridare coraggio e volontà ai combattenti ed instillare dubbi sempre più pressanti nel complesso fronte alleato. "Sono qui per incitarvi verso la vittoria definitiva", prosegue Hitler, che prima di congedarsi e ripartire verso la Wolfsschanze di Rastenburg sfodera il suo coup de théâtre: "Non sarete soli, soldati - conclude - Nuove divisioni arriveranno a breve ad aiutarvi. Ed anche l'industria tedesca si sta prodigando per lo sforzo bellico e presto, molto presto ne vedrete i frutti. Ve lo prometto, armi nuovissime, mai viste prima, vi verranno fornite per affrontare e sconfiggere il nemico. Saranno armi senza uguali, sconosciute, meravigliose, letali".

Il termine Wunderwaffen, coniato in quel pomeriggio ucraino, si fa rapidamente strada tanto tra i tedeschi quanto sul fronte degli Alleati. Le armi-meraviglia promesse da Hitler incuriosiscono e stimolano la fantasia negli opposti schieramenti, tanto da venir riprese come concetto in più occasioni, sia nello Stato Maggiore tedesco in cui il dittatore le utilizza come sprone per convincere i generali a gettare altre truppe nel calderone della disfatta, che negli uffici dell'intelligence di Londra e Washington dove si cerca di scoprire il più possibile di queste fantomatiche novità rivoluzionarie che, teoricamente, dovrebbero consentire alla Germania di riprendere lo slancio nella guerra e l'iniziativa offensiva su tutti gli scenari. Le indagini condotte tanto durante il conflitto quanto al termine della guerra europea chiariranno la reale portata della ricerca scientifica nazista tra progetti realizzati, idee abbandonate, propositi irrealizzabili e chiacchiere di corridoio.

I progetti svelati sono spesso immaginifici. Solo per la Kriegsmarine si parla di sommergibili lanciamissili o di U-Boote incrociatori capaci di trasportare aerei da bombardamento e torrette d'artiglieria, ma sono tutte proposte irrealizzabili che cozzano con una realtà cantieristica che sopravvive in un clima di sfiducia tra i grandammiragli Raeder e Dönitz, sacrificando sull'altare di una lotta interna di concezioni la portaerei "Graf Zeppelin" e gli adeguamenti della classe "Scharnhorst" mentre le proposte per una sorta di super-"Bismarck" (una copia della "Yamato" in salsa nazista) finiscono rapidamente in un cassetto. Alla fine la Marina da guerra tedesca si dovrà accontentare dei primi battelli diesel-elettrici che però entreranno in acqua troppo tardi, nella primavera del 1945.

Sul fronte terrestre, gli addetti agli armamenti del Reich si sbizzarriscono. Il semovente pesante Elefant (nato anche dalla matita di Ferdinand Porsche e basato sullo sfortunato Tiger P) è solo il primo esempio di una lunghissima serie di mezzi corazzati sempre più potenti, difficili da distruggere ma anche lenti, dotati di motori fragili ed assetati di carburante. I Tiger I e Königstiger sono macchine quasi perfette, un incubo per i carristi americani ed inglesi mentre i sovietici devono ricorrere a contromosse altrettanto mastodontiche per affrontarli; i cacciacarri come lo Jagdpanther e lo Jagdtiger sono dei mostri d'acciaio di limitata utilità tattica, talvolta impossibili da muovere senza distruggere le strade asfaltate e con un serbatoio troppo ridotto per dotarli di una autonomia significativa. A guerra quasi conclusa al poligono di Kummersdorf appare anche il Maus, un carro superpesante senza rivali ma che non affronterà mai il combattimento e che diverrà il monumento alla megalomania tedesca in ambito di mezzi corazzati - la pazzesca idea del Ratte, una sorta di incrociatore terrestre armato con una torretta binata derivata dalla Marina con cannoni da 280mm, non troverà per fortuna realizzazione neanche sotto forma di modello. In compenso durante la rivolta di Varsavia dell'estate del 1944 appaiono i mostruosi mortai giganti "Karl-Gerät", già sperimentati col supercannone "Schwerer Gustav" a Sebastopoli: un solo colpo del "Karl-Gerät" sbriciola un intero palazzo o polverizza un isolato, radendo al suolo la capitale polacca nelle settimane dei furiosi combattimenti agostani.

L'inventiva nazista si scatena invece in ambito aeronautico. Gli studi sul motore a reazione portano alla realizzazione di numerosi velivoli da caccia e da intercettazione che partono dall'apparizione del Komet, il primo ed unico velicolo a razzo, velocissimo ma pericoloso da manovrare, sino allo Schwalbe, un gioiello di ingegneria afflitto però da numerosi guasti ai delicatissimi organismi del motore. Da questi primi esemplari si sviluppa un'intera famiglia di progetti, alcuni tradotti in prototipi ed altri rimasti allo stadio di disegno o di modellino statico ma che saranno i progenitori di un'autentica rivoluzione del volo. Allo stesso modo, gli ordigni volanti saranno alla base della missilistica moderna a partire dalla V2, il primo missile balistico della storia che a partire dal settembre 1944 terrorizza i cieli di Inghilterra, Francia e Belgio col suo carico di esplosivo contro cui nessun aereo alleato da caccia può nulla. Ma anche la Fritz-X, la prima bomba teleguidata, apre un nuovo capitolo sin dal 9 settembre 1943 quando uno dei primi esemplari affonda la "Roma", ammiraglia della flotta italiana.

L'unica Wunderwaffe non così tenuta in considerazione dal regime nazista è la ricerca atomica per la produzione di armi di distruzione di massa. Il progetto iniziale, avviato nel 1939 dall'equipe di Werner Heisenberg e Robert Döpel, chiarisce subito la necessità di lunghi tempi di studio e sviluppo per poter ottenere un significativo risultato: "Servono almeno cinque anni di lavoro", dice Heisenberg agli emissari del dittatore quando gli chiedono se la cosiddetta superbomba sia realizzabile. Una simile tempistica raffredda gli entusiasmi, nonostante le conquiste militari tedesche provvedano ad includere rapidamente la Norvegia che all'epoca è Paese all'avanguardia per la produzione di acqua pesante, elemento utilissimo nella moderazione della fissione nucleare. La ricerca procede a rilento in confronto al coevo Progetto Manhattan: a differenza dei colleghi negli USA, i tedeschi non possono contare sull'apporto di scienziati stranieri (Ulam, von Neumann, Bohr scappano uno dopo l'altro dall'Europa) e non godono nemmeno di priorità in termini di ricerca per accesso a materiali, laboratori e fondi. Quando nel giugno 1942 un incidente chimico distrugge il prototipo di pila atomica di Döpel, il progetto nazista incassa un colpo durissimo che è completato l'anno dopo dall'incursione alleata in Norvegia che ferma in via definitiva la corsa nazista alla bomba. I responsabili della ricerca atomica del Terzo Reich saranno infine reclutati a guerra conclusa da americani e francesi, al pari del padre della missilistica von Braun e della sua equipe, per portare le loro conoscenze scientifiche a beneficio degli enti di ricerca occidentali impegnati nella corsa al nucleare e nello sviluppo di nuove rivoluzionarie tecnologie.

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