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Visualizzazione dei post da agosto, 2021

Casus belli: la radio

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"La stazione radio di Gleiwitz è stata presa d'assalto da un gruppo di insorti polacchi e momentaneamente occupata. Gli intrusi sono stati ricacciati oltre confine dagli agenti del posto di polizia di frontiera; nello scontro a fuoco uno degli insorti è stato ferito mortalmente" . Il dispaccio serale del 31 agosto 1939 del Ministero della Propaganda del Reich è serafico e racconta di una aggressione al confine orientale: è il casus belli a lungo ricercato, l'elemento mancante per giustificare l'imminente attacco alla Polonia da parte della Wehrmacht. Ma quanto c'è di vero in quel lancio d'agenzia? Nulla a parte il luogo, la stazione radiofonica di Gleiwitz , un'antenna da trasmissione situata a tre chilometri dal confine tra la Germania e la Polonia. Il luogo ideale per inscenare una bieca farsa utile però per accreditare agli occhi dell'Europa la decisione di invadere lo Stato polacco.  Da mesi Hitler ha messo gli occhi sul vicino orientale. Otte

"Parigi brucia?"

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"Ist Paris verbrannt?" : il tono acuto, quasi stridulo, dell'inconfondibile voce del tiranno tedesco risuona attraverso il microfono del telefono rivestito in bachelite nera in una stanza al secondo piano dell' Hotel Meurice , elegante palazzo in Rue de Rivoli di fronte al giardino delle Tuileries, a Parigi. Sono le ore 11 del 25 agosto 1944 e nonostante la tensione e le gocce di sudore dovute al caldo ma soprattutto alla tensione, il generale Dietrich von Choltitz si sforza di mantenere la calma e di fornire una risposta sensata e soprattutto che eviti conseguenze nefaste. L'alto ufficiale germanico non si fa illusioni, sa cosa avviene a chi disubbidisce agli ordini abbaiati da Adolf Hitler ed è perfettamente conscio di avervi disubbidito. L'unica via di fuga per lui, per i suoi sottoposti e per i suoi famigliari, rimasti in Germania col rischio di divenire ostaggi, è rappresentata da una giusta ed equilibrata dose di diplomazia mescolata a tattica militare

L'ultima occasione

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Il 22 agosto 1962 è un mercoledì. Un giorno come tanti altri, nell'estate parigina dominata dall'afa e con le strade deserte. I francesi sono in vacanza, molti si sono diretti alle spiagge sulla Manica o verso il Mediterraneo per cercare refrigerio. Eppure c'è ancora chi lavora per il Paese. O contro il Paese, dipende dai punti di vista. Quel giorno il presidente della Quinta Repubblica Charles de Gaulle è tornato nella Capitale transalpina per presiedere una riunione del gabinetto di governo: sul tavolo ci sono troppe questioni spinose per rinviare, dalle questioni economiche al nodo dell'Algeria. Già, l'Algeria . A riportare de Gaulle sulla scena politica è stato proprio il caos algerino, la prolungata guerra coloniale con l'FNLA che il vecchio generale ha deciso di risolvere in maniera inconsueta, aprendo alla richiesta di indipendenza del Paese magrebino. Una decisione che non è piaciuta all'ala più dura dei militari che con un tentato putsch hanno già

Morte di un re

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"Ehi Francis!" . La voce napoletana di Pasquale Barra sovrasta la scena nel cortile del carcere nuorese di Badu 'e Carros , prigione di massima sicurezza destinata a mafiosi, terroristi e malavitosi particolarmente pericolosi. E' l'ora d'aria, i detenuti ne approfittano per parlottare, per fumare una sigaretta, c'è chi magari gioca a pallone. E chi legge una lettera: è il caso di Francesco Turatello , anni 37, milanese, re delle bische. Per tutti, Francis. Un nome noto nell'ambiente, un nome rispettato. Francis è dietro le sbarre da un po', lo hanno arrestato il 2 aprile 1977, due giorni prima del suo 33esimo compleanno e da allora ha fatto la spola dei bagni penali del Belpaese. Quella mattina Francis esce dalla cella con una lettera in mano, fa parte della posta del giorno. In cortile lo attendono gli amici ma anche un qualcosa di inaspettato. Il nome Turatello è una sorta di garanzia. Di lusso, di bella vita, di gioco d'azzardo clandestino

Fantasmi sul bagnasciuga

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Nell'accezione comune, il termine “città fantasma” indica agglomerati urbani abbandonati e dimenticati. Sono insediamenti creati dall'uomo per particolari funzioni, spesso di ragione economica, e lasciati dalle comunità che li abitavano una volta esaurita la loro ragion d'essere. Lungo la vecchia via dell'oro nello Yukon o nelle regioni minerarie sono numerosi i casi di città fantasma che oggi giacciono nella polvere portando con sé ricordi lontani di cercatori di fortune e di estrattori di ricchezze, ora ridotti a brandelli di memoria di tempi eroici o tragici. A Cipro però c'è una città fantasma tutta particolare, una metropoli sul mare svuotata nel giro di un pomeriggio da residenti e turisti, trasformata da meta di vacanze a terra di nessuno nel breve volgere di poche ore. Il 14 agosto 1974 è piena estate a Varosia , sobborgo turistico di Famagosta. La spiaggia è traboccante di ombrelloni, i lussuosi hotel lungo la battigia sono pieni di ospiti stranieri. Non

La collina della sete

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La sete può risultare la più terribile delle piaghe. Non potersi dissetare, avvertire la secchezza della bocca e della gola, il deperimento lento e costante del corpo, tutto ciò può condurre alla pazzia. E non è inusuale che nei confronti più spietati come ad esempio negli assedi uno dei contendenti in campo utilizzi la sete come un'arma per forzare la resa. O per determinare uno sterminio e conquistare agevolmente delle posizioni. In lingua araba, Tel al-Zaatar significa "collina del timo" . Nello specifico, con questo termine si identifica una ristretta zona di Beirut Est, stretta tra i quartieri di Karantina e di Mansour, il primo a maggioranza sunnita ed il secondo abitato da maroniti. Dopo il "settembre nero" del 1970 ed il massacro con conseguente espulsione dalla Giordania, l' OLP trasforma Tel al-Zaatar in un enorme campo profughi occupando l'area e sfrattando con la forza numerosi abitanti locali. Nel perimetro dell'enorme campo si stipa

Il golpe e l'ictus

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Clima pesante , sguardi sospettosi, persino urla: è insolito che al Quirinale non si rispettino protocollo ed etichetta, specie in incontri che vedono il Capo dello Stato conferire con il Capo del Governo ed il Ministro agli Affari Esteri. Eppure nel tardo pomeriggio del 7 agosto 1964 avviene l'impensabile proprio nel corso di un ricevimento che di formale ha ben poco e che vede a confronto personalità troppo diverse per poter davvero andare d'accordo. "Come osi rivolgerti così al Presidente? Come ti permetti..." , inveisce Antonio Segni rivolgendosi a Giuseppe Saragat ; immediatamente dopo aver pronunciato quelle parole il Presidente della Repubblica ammutolisce, sbianca in volto, crolla a terra. Accorgendosi del dramma Aldo Moro , Presidente del Consiglio in carica, esce di corsa dal salone e chiama commessi e valletti, invoca aiuto: "Chiamate un medico, presto!" , chiede il leader democristiano. Antonio Segni è stato appena colpito da trombosi cerebrale