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Visualizzazione dei post da dicembre, 2020

La firma dello Sciacallo

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La tradizione della notte di San Silvestro prevede festeggiamenti, cene, auguri e gli immancabili fuochi d'artificio. Il ricorso ai cosiddetti "botti di Capodanno" fa parte di un retaggio ormai radicato per salutare in maniera trionfale il nuovo anno sperando al contempo che questo possa portare buone notizie. Non tutti i fuochi artificiali sono tali però e non tutti i 31 dicembre sono realmente permeati di festa. In Francia, la sera del 31 dicembre 1983 non si respira aria di festa ma di terrore. Sono le 20:09, a Marsiglia ci si sta preparando per celebrare la fine dell'anno ed anche alla stazione di Saint-Charles viaggiatori ed operatori di viaggio non vedono l'ora di poter stappare lo champagne a mezzanotte, con i propri cari piuttosto che con i colleghi di turno. Improvvisamente però qualcosa muta l'atmosfera festosa in dolore, in incredulità, in rabbia impotente. Un'esplosione vicino ad un binario scuote il fabbricato, si alza un polverone, urla ovun

Neve rosso sangue

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Esistono eventi difficilmente spiegabili, situazioni assurde che si verificano in maniera del tutto casuale e che, per uno sfortunato sommarsi di circostanze fortuite, provocano conseguenze terribili. A distanza di 64 anni ancora nessuno riesce a dare una spiegazione logica, coerente e soprattutto comprovata di come un aereo di linea che percorreva la tratta tra Roma e Milano sia potuto finire tra le montagne del Trentino scomparendo dai radar. Il mistero che perdura da allora porta il terribile nome di Tragedia di Natale. Il 22 dicembre 1956 un DC3 della compagnia aerea LAI (Linee Aeree Italiane) imbarca 17 passeggeri a Ciampino e parte per un volo di routine diretto al Nord. Fa freddo, mancano pochi giorni alle feste e a bordo del velivolo hanno preso posto soprattutto lombardi che rientrano a casa per trascorrere il Natale in famiglia. Ai comandi c'è il capitano Giorgio Gasperoni , già asso della Regia Aeronautica nell'ultimo conflitto passato all'aviazione civile ed ai

Sei uomini contro una flotta

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Sei uomini e tre ordigni contro una flotta. Potrebbe essere il titolo di un film d'avventura oppure il soggetto per un romanzo adrenalinico. Invece è realtà storica, un qualcosa di impensabile o irrealizzabile per i più. Una sfida assurda che mette a confronto ingegno contro forza, sagacia contro esperienza in un duello che termina con un vincitore tattico, nessuna vittima ma anche una occasione incredibilmente sprecata. L'acqua del Mediterraneo orientale è più fredda che mai, nella notte tra il 18 ed il 19 dicembre 1941. Lo sa bene Luigi Durand de la Penne , ufficiale della Regia Marina al comando di quella che sembrerebbe una missione suicida ma che si risolverà in un qualcosa di clamoroso. Dopo un anno e mezzo di guerra nello scacchiere mediterraneo si è in fase di stallo: gli italiani giocano soprattutto di sponda dopo aver verificato in maniera durissima la propria impreparazione militare. La notte di Taranto è costata una delle poche corazzate a disposizione e ha evidenzi

Decisione critica

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Obbedire ad un ordine superiore o salvare la vita di centinaia di uomini? Il peggior dilemma possibile si è presentato in innumerevoli occasioni nel corso della storia umana a carico di singoli soggetti chiamati dal Fato e dalle circostanze a dover scegliere tra l'obbedienza e la morale. A molti lettori il nome di Hans Langsdorff dirà poco o nulla; qualcuno in più però potrebbe ricordare qualcosa ricordando il suo grado, capitano di vascello, ed il suo comando: la "Admiral Graf Spee" . Alle luci dell'alba del 17 dicembre 1939 il capitano Langsdorff si reca sulla banchina del porto di Montevideo. Osserva la "Graf Spee" che porta ancora i segni evidenti dello scambio di artiglieria avvenuto quattro giorni prima nel prospiciente Rio de la Plata contro lo Squadrone G della Royal Navy. Langsdorff sa che non ci sono speranze di uscire indenni dalla trappola tesa dagli inglesi al di fuori del porto uruguagio e, nonostante da Berlino arrivino pressioni per uscire i

Una strage senza colpevoli

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Tredici giorni a Natale. Famiglie che sciamano nelle vie della città, vetrine illuminate, luci sgargianti, aria fredda pungente pervasa però dal dolce profumo della festa imminente. Non c'è solo lo shopping natalizio, giacché si continua a lavorare, negli uffici, nelle fabbriche, nelle aziende, nelle banche. Ed è in una banca che agricoltori, mediatori e correntisti si riversano prima del fine settimana per chiudere accordi, ridiscutere posizioni creditizie, ritirare risparmi in vista della lunga pausa festiva. Ci sono uomini, donne, anziani, bambini che si assiepano attorno al bancone a ferro di cavallo nel grande androne sotto la volta oppure agli sportelli a emiciclo. Scene ordinarie di un giorno ordinario. Ma qualcosa di diverso c'è. Perché improvvisamente un lampo investe l'androne, il pesante bancone è sollevato verso l'alto, la volta crolla, i vetri vanno in frantumi, una voragine si apre nel pavimento, i presenti sono scagliati da una forza immane verso l'al

Il giorno dell'infamia

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Cinque corazzate, una nave bersaglio e due cacciatorpediniere a fondo; altre tre corazzate e tre incrociatori pesantemente danneggiati. Vittoria strategica quasi completa. Non è il finale di una partita a battaglia navale, classico gioco da tavolo che, carta e penna alla mano, ha distratto generazioni di ragazzi ed adulti nelle ore noiose. E' invece la terribile conta dei danni in uno dei maggiori porti del Pacifico poche ore dopo l'inizio di un attacco a sorpresa che passerà alla storia. Pearl Harbor si sveglia al suono della sirena dell'antiaerea, delle mitragliate e delle cannonate, del fischio assordante dei bombardieri in picchiata, delle esplosioni, del crepitio degli incendi. La domenica del 7 dicembre 1941 non è uguale alle precedenti in quello che finora era stato un sonnacchioso avamposto della Marina degli Stati Uniti in applicazione della teoria della "fleet in being" per scoraggiare puntate offensive giapponesi al centro dell'oceano. Distruzione