Sei uomini contro una flotta

Sei uomini e tre ordigni contro una flotta. Potrebbe essere il titolo di un film d'avventura oppure il soggetto per un romanzo adrenalinico. Invece è realtà storica, un qualcosa di impensabile o irrealizzabile per i più. Una sfida assurda che mette a confronto ingegno contro forza, sagacia contro esperienza in un duello che termina con un vincitore tattico, nessuna vittima ma anche una occasione incredibilmente sprecata.

L'acqua del Mediterraneo orientale è più fredda che mai, nella notte tra il 18 ed il 19 dicembre 1941. Lo sa bene Luigi Durand de la Penne, ufficiale della Regia Marina al comando di quella che sembrerebbe una missione suicida ma che si risolverà in un qualcosa di clamoroso. Dopo un anno e mezzo di guerra nello scacchiere mediterraneo si è in fase di stallo: gli italiani giocano soprattutto di sponda dopo aver verificato in maniera durissima la propria impreparazione militare. La notte di Taranto è costata una delle poche corazzate a disposizione e ha evidenziato le falle difensive, il tragico tiro a segno nella notte di Matapan non ha solo decimato la flotta di incrociatori pesanti ma peggio ancora ha sottolineato l'importanza del radar e l'antiquata concezione della guerra marinara degli alti comandi italiani. L'intervento tedesco con i sommergibili e il X Corpo Aereo Tedesco in Sicilia ha solo parzialmente raddrizzato la situazione anche se la Royal Navy appare sufficientemente sicura per difendere i due imbocchi (Gibilterra e Suez) e per contrastare i rifornimenti che dal continente tentano di soccorrere l'armata di Rommel in Libia.

La posizione di forza dei britannici pare incrinarsi a fine autunno del 1941. Un U-boot silura la "Barham" e l'aggressione giapponese in Estremo Oriente obbliga l'Ammiragliato inglese a trasferire parte delle forze ad Est lasciando solo la "Valiant" e la "Queen Elizabeth" a presidiare il Mediterraneo. Le navi di Sua Maestà sono sì vecchie ma finora hanno dimostrato di poter tranquillamente tenere in scacco la Regia Marina, quindi in attesa di una ridefinizione dei quadranti bellici all'ammiraglio Cunnigham non resta altro da fare che giocare la partita con le carte che ha in mano. L'alto ufficiale non lo sa ma sono proprio le sue ultime due corazzate il bersaglio prescelto da Supermarina per un blitz clamoroso che dovrebbe regalare la superiorità alle forze italiane.

Il piano viene studiato da un reparto d'élite, la X Flottiglia MAS. A dispetto del nome, non si tratta di un reparto basato sui motoscafi antisilurante ma di un vero e proprio gruppo di commandos del mare. Addestrati da Teseo Tesei, gli uomini della X utilizzano barchini esplosivi ad alta velocità per dare l'assalto alle navi nemiche alla fonda: è in questo modo che nel marzo 1941 l'incrociatore pesante "York" viene affondato nella baia di Suda a Creta. Tesei, rinfrancato dal successo cretese dopo alcuni fiaschi iniziali, propone di attaccare Malta con un nutrito gruppo di assaltatori ma la missione del successivo luglio è un vero disastro che costa la vita allo stesso comandante della X e a diversi altri uomini. Il reparto però vuole rifarsi e progetta un ambizioso assalto notturno ad un'altra base inglese, quella di Alessandria d'Egitto.

Stavolta non si utilizzeranno i barchini esplosivi ma i "maiali": il nome gergale designa i Siluri a Lenta Corsa o SLC, degli ordigni modificati per procedere ad una velocità massima di 3 nodi, in emersione o in immersione, con un equipaggio di due uomini a cavalcioni. Lo SLC va condotto al di sotto dello scafo dell'obiettivo dove la testata esplosiva deve essere agganciata alla chiglia per poi regolare la spoletta; terminata l'operazione, i due assaltatori devono scappare a nuoto e cercare di rientrare al sommergibile da cui sono partiti. Come detto, è quasi un'azione suicida.

I volontari non mancano e per l'operazione denominata in codice GA3 si offrono Durand de la Penne ed il suo assistente Emilio Bianchi, i triestini Marceglia e Schergat ed infine l'equipaggio Martellotta-Marino. Tre SLC, tre obiettivi: i primi due sono la "Valiant" e la "Queen Elizabeth", il terzo è una portaerei o, in mancanza, una grossa petroliera.

L'operazione GA3 pare non nascere sotto una buona stella poiché le mareggiate obbligano ad un ritardo di 24 ore. Con mare più calmo la notte del 18 dicembre 1941 il sommergibile "Scirè" con a bordo i tre mini equipaggi ed in coperta i tre SLC si porta davanti al porto alessandrino. Poco dopo le 22:30 i "maiali" sono in acqua e grazie all'apertura delle reti parasiluro per l'ingresso nel bacino di una squadriglia di cacciatorpediniere gli incursori possono penetrare nella baia. Durand de la Penne si dirige verso la "Valiant" e si immerge ma si ritrova subito con due problemi: l'elica del suo SLC si impiglia in una rete di protezione e il suo aiutante Bianchi, stordito dalla miscela di ossigeno, sviene risalendo a galla per aggrapparsi ad una boa. Da solo, l'ufficiale trascina il pesante ordigno sotto la chiglia e regola la spoletta per poi risalire. Catturato assieme a Bianchi, viene portato a bordo della corazzata e rinchiuso in una cella sotto la linea di galleggiamento. Alle 5:30, a mezz'ora dalla prevista detonazione, Durand de la Penne manda a chiamare il capitano di vascello Morgan, comandante della nave: "Tra poco questo bastimento salterà in aria, faccia evacuare l'equipaggio, non voglio provocare vittime". Morgan rispedisce i due italiani sotto coperta nel tentativo di convincerli a parlare avviando al contempo, ma senza troppa fretta, le operazioni di evacuazione. Dopo 30 minuti, credendo che Durand de la Penne bluffasse, Morgan richiama a bordo i suoi uomini ma alle 6:05 la carica detona: la vecchia corazzata ha un sussulto sull'acqua e ricade pesantemente, i compartimenti si aprono e vengono invasi dal fumo. Nessun morto ma qualche ferito sì, tra cui Durand de la Penne che si ritrova momentaneamente libero ma con un taglio alla testa: la sua fuga dura il tempo di salire in coperta per finire riacciuffato ed ai ferri.

Pochi minuti dopo, altre due deflagrazioni risuonano nel porto. L'equipaggio Martellotta-Marino prima di farsi scoprire è riuscito ad attaccare la carica alla petroliera "Sagona" che cola a picco ma le bombe incendiarie disposte attorno non funzionano per cui solo il cacciatorpediniere "Jervis" subisce lievi danni. Nessun intoppo per Antonio Marceglia e Spartaco Schergat invece: i due non sono notati dalle sentinelle e collegano facilmente la testata esplosiva allo scafo della "Queen Elizabeth" che viene affondata, anche qui senza perdite umane. I due triestini riescono a fuggire e, raggiunta la riva, si liberano dell'attrezzatura da sub per indossare uniformi francesi: sono stati istruiti a fingersi marinai della corazzata transalpina "Lorraine", da oltre un anno internatasi volontariamente in porto dopo aver buttato gli otturatori a mare. Purtroppo per loro la copertura salta nel giro di mezza giornata a causa di un imperdonabile errore dello spionaggio italiano che li ha forniti di moneta egiziana fuori corso. Dopo aver tentato due volte di cambiare le banconote i due sono arrestati e smascherati.

La missione però è un vero successo. Winston Churchill si dimostra perplesso ma anche ammirato dal coraggio dei nemici: "Sei italiani equipaggiati con materiali di costo irrisorio hanno fatto vacillare l'equilibrio militare in Mediterraneo a vantaggio dell'Asse", scrive il premier britannico nelle sue memorie. La vittoria sfugge però di mano alla Regia Marina perché gli inglesi approfittano di una singolarità per ingannare i ricognitori dell'Asse. Le due corazzate colpite si sono adagiate sul basso fondale senza inclinarsi né capovolgersi e riportando danni minimi in coperta, tanto che Cunnigham ordina nei giorni successivi di organizzare alzabandiera, cerimonie religiose e persino concerti a bordo con il chiaro intento di disorientare il nemico. Difatti a Supermarina nessuno crede che quelle due navi siano fuori uso, anzi osservando le foto dei ricognitori aerei le ritengono in perfetta efficienza tanto da non provare alcuna sortita in mare per mesi. Solo quattro mesi dopo, quando entrambe le corazzate partiranno a velocità ridotta e con le falle tappate alla bell'e meglio verso i cantieri per le riparazioni gli italiani capiranno di essersi fatti raggirare.

La prigionia dei sei di Alessandria d'Egitto durerà quasi due anni, dopo l'armistizio di Cassibile saranno tutti liberati ed aderiranno alle forze navali del cobelligerante Regno d'Italia. Nel marzo 1945 Durand de la Penne riceverà la medaglia d'oro al valor militare inizialmente attribuitagli alla memoria (era stato dato per disperso): ad appuntarglierla sul petto sarà sir Charles Morgan, promosso contrammiraglio ed ex comandante della "Valiant". Tra i due ufficiali non manca un sorriso ricordando quella notte in cui furono avversari mantenendo un grande rispetto quasi cavalleresco, a testimonianza della fratellanza che unisce gli uomini in armi. Terminato il conflitto, Durand de la Penne completerà la carriera con la nuova Marina Militare per poi entrare in politica, venendo eletto alla Camera prima con la DC e poi con il PLI. Per perpetuarne il ricordo ad un anno dalla morte (17 gennaio 1992) la Marina Militare deciderà di battezzare col suo nome una nuova classe di cacciatorpediniere lanciamissili ancora oggi in servizio.

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