Decisione critica

Obbedire ad un ordine superiore o salvare la vita di centinaia di uomini? Il peggior dilemma possibile si è presentato in innumerevoli occasioni nel corso della storia umana a carico di singoli soggetti chiamati dal Fato e dalle circostanze a dover scegliere tra l'obbedienza e la morale. A molti lettori il nome di Hans Langsdorff dirà poco o nulla; qualcuno in più però potrebbe ricordare qualcosa ricordando il suo grado, capitano di vascello, ed il suo comando: la "Admiral Graf Spee".

Alle luci dell'alba del 17 dicembre 1939 il capitano Langsdorff si reca sulla banchina del porto di Montevideo. Osserva la "Graf Spee" che porta ancora i segni evidenti dello scambio di artiglieria avvenuto quattro giorni prima nel prospiciente Rio de la Plata contro lo Squadrone G della Royal Navy. Langsdorff sa che non ci sono speranze di uscire indenni dalla trappola tesa dagli inglesi al di fuori del porto uruguagio e, nonostante da Berlino arrivino pressioni per uscire in mare ed accettare un combattimento mortale, ha già preso una decisione storica.

La "Graf Spee" è una nave rivoluzionaria nel suo genere. Teoricamente sarebbe un incrociatore pesante ma i tecnici navali tedeschi hanno fatto un piccolo capolavoro trasformandola in qualcosa di difficilmente catalogabile. I trattati di pace dopo la Grande Guerra proibivano alla Germania di costruire navi di linea e riservavano un limite per le nuove costruzioni da avviare non prima di dieci anni dal decorrere dell'armistizio. Ebbene, nel 1929 quella che è ancora la Repubblica di Weimar studia e pianifica delle nuove navi che, pur rientrando nelle caratteristiche imposte, possono surclassare buona parte degli incrociatori e delle corazzate presenti nelle flotte di tutto il mondo. La classe "Deutschland" nasce così, sostituendo i bulloni con le saldature, ridisegnando lo scafo in funzione di manovrabilità e velocità, sperimentando i motori diesel ad alte prestazioni ed imbarcando la più potente artiglieria disponibile senza sforare i dettami di Versailles - non a caso gli inglesi designano queste navi come "pocket battleships" cioè corazzate tascabili. La "Graf Spee" è la terza ed ultima realizzazione della classe e rappresenta l'orgoglio della Kriegsmarine di cui funge da ammiraglia per tre anni e mezzo.

Hans Langsdorff assume il comando dell'unità nell'ottobre 1938 e la conduce per un anno in crociere addestrative in Atlantico con soste in Africa ed in Portogallo. Militare esperto e decorato nella Grande Guerra, è un uomo di polso estremamente pragmatico, ligio al dovere ma dotato di una grande umanità. Amatissimo dai suoi uomini, è rispettato sui mari per la sua nomea di gentiluomo e di ottimo tattico. Quando il conflitto scoppia in Europa Langsdorff si trova nuovamente in mare e sta facendo rotta verso l'Atlantico meridionale: il comando tedesco gli ordina di avviare una guerra corsara ossia colpire il traffico commerciale alleato affondando ogni bastimento che la nave incroci lungo le rotte vicino al Brasile. Nel combattimento la "Graf Spee" è sola, anche se può contare sull'appoggio della petroliera "Altmark" convertita in nave rifornimenti con cui pianifica gli incontri per ottenere carburante e derrate alimentari. Langsdorff sa che l'unico modo per non cadere in trappola è muoversi continuamente ingannando la Royal Navy in modo da evitare le sue pattuglie. Se singolarmente la "Graf Spee" teme ben pochi confronti, contro una squadra navale difficilmente avrebbe scampo: è pur sempre un incrociatore isolato privo di adeguata copertura aerea.

Le prime settimane di guerra scorrono tranquille a bordo. Il 30 settembre la "Graf Spee" coglie la sua prima vittoria nell'operazione corsara applicando quello che sarà un vero codice di comportamento bellico: il mercantile britannico "Clement" è costretto a fermarsi dopo un paio di salve a forcella, viene abbordato, i documenti controllati, l'equipaggio trasbordato sulla nave da guerra ed infine i cannonieri sparano sul bastimento vuoto affondandolo. I prigionieri sono trattati molto bene, con alloggi dignitosi, possibilità di praticare il proprio culto religioso e somministrazione dei pasti costante. Ad ogni rifornimento, la "Graf Spee" trasborda i prigionieri sulla "Altmark" e riparte a caccia di nuove prede. Nel giro di un mese altre tre imbarcazioni sono prese ed affondate sempre nell'Atlantico Meridionale, senza che la Royal Navy possa intervenire.

Per sviare le ricerche a suo carico Langsdorff ordina una nuova rotta ai primi di dicembre portando la sua nave davanti alle coste del Mozambico; qui la "Graf Spee" affonda una petroliera ma stavolta senza caricare prigionieri a bordo: il comandante tedesco lascia che i marinai raggiungano la colonia portoghese per sviare ulteriormente le ricerche facendo accorrere in zona gli inglesi mentre lui riprende la rotta per l'Atlantico. La sesta vittima è la "Doric Star", un mercantile sorpreso in pieno Atlantico ma proprio in quest'occasione si verifica qualcosa che segnerà il destino della "Graf Spee": prima di essere fatto prigioniero, il marconista del piroscafo riesce a trasmettere la posizione alla Royal Navy che allerta lo Squadrone G di stanza in zona.

La trappola non si chiude subito sull'incrociatore tedesco ma ora i britannici sanno in che area concentrare le ricerche. La "Graf Spee" fa dunque rotta sul golfo di Rio de la Plata ignara di avere alle costole un gruppo di navi della Royal Navy. Tra il 3 ed il 7 dicembre Langsdorff intercetta ed affonda gli ultimi due mercantili e fa trasbordare i prigionieri. Non si sa se abbia intuito il pericolo o se creda di aver seminato i suoi inseguitori, di certo nei giorni successivi la sorte gli si dimostra avversa quando l'unico idrovolante imbarcato che funge da velivolo di ricognizione accusa un'avaria al motore che ne impedisce le operazioni per una settimana. La mattina del 13 dicembre le vedette danno l'allarme dopo aver scrutato all'orizzonte le sagome di tre navi da guerra: è lo Squadrone G composto dall'incrociatore pesante "Exeter" e dagli incrociatori leggeri "Ajax" e "Achilles" il cui comandante, il commodoro Harwood, ha utilizzato le informazioni trasmesse dalla "Doric Star" per tracciare un ideale percorso dell'obiettivo. Gli ordini prevedono di non accettare il combattimento di fronte a forze preponderanti ma Langsdorff sa che non c'è possibilità di fuga: anche entrando in un porto neutrale non sarebbe al sicuro, visto che dovrebbe consegnare la nave e subire l'internamento oppure tornare in mare dopo una brevissima sosta.

Per 90 minuti le navi si fronteggiano alla vecchia maniera, in bordata. I 280mm delle artiglierie principali della "Graf Spee" sono cannoni eccellenti tant'è vero che l'"Exeter" dopo un po' deve uscire di linea a causa dei colpi incassati che hanno causato gravi danni alle torri poppiere ed al ponte; Harwood ordina agli incrociatori leggeri di manovrare a tenaglia per impegnare l'avversario e Langsdorff, temendo un attacco con i siluri, ricorre alla nebbia artificiale che però non occulta completamente la sagoma della sua nave. Lo scambio di artiglieria prosegue, una salva da 150mm colpisce l'ammiraglia di Harwood ma anche a bordo della "Graf Spee" si contano danni, morti e feriti tra cui lo stesso Langsdorff che, colpito da alcune schegge in plancia, riporta escoriazioni ad un braccio ed una lieve commozione cerebrale. I contendenti decidono all'unisono di rompere il contatto, gli incrociatori inglesi restano al largo e attendono i rinforzi già chiamati per radio mentre la nave tedesca entra a Montevideo.

La "Graf Spee" parrebbe solo ammaccata dalle cannonate britanniche ma un approfondito esame rivela che un colpo da 152mm ha distrutto parte dell'impianto di depurazione dell'olio per i diesel marini mentre un altro proiettile ha devastato la cambusa e ha irreparabilmente danneggiato il sistema di dissalazione dell'acqua. Affrontare un viaggio di ritorno in patria in quelle condizioni è impossibile ed anche uscire in mare per combattere è arduo dato che la riserva dei grossi calibri è ridotta ad un terzo. Mentre Langsdorff procede alla sepoltura dei 37 morti denunciati a bordo e dispone il ricovero dei feriti gravi nell'ospedale della capitale uruguaiana, il governo sudamericano affronta una prova diplomatica difficilissima. L'Uruguay ha dichiarato la sua neutralità e non intende schierarsi ma sa che la presenza prolungata della "Graf Spee" nel proprio porto provocherebbe una crisi col rischio di una dichiarazione di guerra da parte degli Alleati. Il Regno Unito attua una costante pressione mentre il suo controspionaggio divulga dispacci non cifrati che inducono Langsdorff a credere che la portaerei "Ark Royal" e l'incrociatore da battaglia "Renown" siano a due soli giorni di navigazione dal porto. L'ambasciatore tedesco chiede alle autorità locali il permesso di consentire alla "Graf Spee" di restare in porto per due settimane, il tempo utile per completare le riparazioni più urgenti, ma dopo estenuanti trattative ottiene solo 72 ore. Da Berlino Adolf Hitler in persona telegrafa a Langsdorff: "Uscite in mare e combattete!". Sarebbe una missione suicida e l'ufficiale lo sa.

Quindi, che fare? Combattere per l'onore e morire oppure salvare i propri sottoposti e sacrificare la nave? Langsdorff riflette, poi chiama una società locale di rimorchiatori e ne fa noleggiare due, a carico dell'ambasciata tedesca cui viene chiesto di non rivelare nulla per il momento al governo di Berlino. Il 17 dicembre 1939 la "Graf Spee" lascia il porto con un equipaggio ridotto e seguita dai rimorchiatori e dal mercantile "Tacoma" su cui si sono imbarcati i marinai dell'incrociatore; giunto ai limiti delle acque territoriali e con in vista ancora lo Squadrone G, Langsdorff ordina ai suoi uomini di fermare le macchine, calare l'ancora, tarare le spolette delle munizioni e salire sulle lance di salvataggio per dirigersi ai rimorchiatori. Il comandante della nave è l'ultimo ad abbandonare il ponte, come da tradizione marinara. Pochi minuti dopo essere scesi dal vascello una serie di esplosioni scuote la "Graf Spee", un fumo nero avvolge la nave che inizia a bruciare con violenza e ad affondare sul basso fondale, le sovrastrutture annerite continuano a spuntare dall'acqua per 24 ore prima che l'incrociatore coli definitivamente a picco.

Raggiunto il "Tacoma", Langsdorff ordina di far rotta su Buenos Aires dove il 18 dicembre si consegna con i suoi uomini alle autorità argentine. Prima di congedarsi, Langsdorff tiene un ultimo discorso in cui, mantenendo un aplomb invidiabile, ringrazia chi ha condiviso con lui oltre un anno per mare, servendo con dedizione una causa impossibile e rispettando al massimo gli avversari. Qualche marinaio scoppia in lacrime, tutti vorrebbero stringersi attorno al loro comandante che però saluta dicendo di avere appuntamento con l'ambasciata per capire i termini del rimpatrio dopo l'internamento. Ma non è così: dopo un breve briefing con il console, barone von Therman, Langsdorff si rinchiude in una stanza di un hotel e prende la decisione finale, l'ultimo atto di dissociazione dalla follia nazista. Qui il 20 dicembre scrive una lettera indirizzata allo stesso von Therman in cui si assume l'intera responsabilità della condotta della nave e dei suoi uomini, poi indossa l'alta uniforme, dispone sul letto la bandiera di guerra della vecchia Kaiserliche Kriegsmarine (un gesto di nobile rifiuto dell'autorità hitleriana), si sdraia su di essa, estrae la rivoltella d'ordinanza dalla fondina e si spara alla tempia. Aveva appena 45 anni.

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