Una riunione cambia la Storia

I laghi evocano spesso leggende lontane composte da creature mitologiche che interagiscono con gli esseri umani. Più razionalmente, gli specchi lacustri richiamano l'uomo con la promessa di acque fresche, pulite e pescose garantendo dunque ristoro alla fame ed alla sete oltre che la possibilità, nei mesi più caldi, di un bagno che possa alleviare la sensazione di calura. Non deve stupire dunque che nel corso dei secoli l'umanità si sia spesso e volentieri concentrata nei pressi dei laghi creando centri abitati oppure costruendo residenze private o a vocazione turistica di varia foggia e metratura - possedere una villa vista lago viene ancor oggi considerato uno status symbol sociale che indica prosperità e buon gusto. Ma a volte una lussuosa dimora può essere destinata ad altro scopo rispetto a quello abitativo o di diletto, a volte può essere richiesto a quelle mura di custodire il più terribile dei segreti.

C'è una gran ressa nel parco della residenza ubicata al civico 56-58 di am Großen Wannsee la mattina del 20 gennaio 1942. Una moltitudine di automobili guidate da autisti in uniforme si raduna nei pressi dell'elegante costruzione in stile liberty con vista sul più bel lago dei sobborghi meridionali di Berlino mentre all'interno un premuroso padrone di casa verifica con il personale che tutto sia in ordine prima di ricevere i suoi ospiti. Non si tratta di una festa ma di un pranzo di lavoro, gli inviti sono stati spediti poche settimane prima col timbro dell'Interpol tedesca sulle buste mentre nell'intestazione dei fogli all'interno è ben visibile l'indirizzo del mittente: Prinz Albrecht Straße 8, Berlino. Anche il più ingenuo tra i semplici cittadini germanici sa che a quell'indirizzo che corrisponde ad un palazzo grigio e tetro nel pieno centro della capitale c'è la sede del ReichSicherheitsHauptAmt (RSHA) cioè l'Ufficio Centrale della Sicurezza del Reich che sovrintende alla ciclopica macchina di morte nota come SS. Sono dodici le missive partite verso uffici, ministeri, Cancellerie, Governatorato Generale; la lista dei presenti comprende quindici nominativi ma a tutti è raccomandato il massimo riserbo: ufficialmente nessuno deve sapere della riunione e nessuna traccia ufficiale dovrà rimanere della stessa.

L'ordine di convocazione arriva da una delle massime autorità del regime, il Reichsmarschall Hermann Göring, anche se serpeggia la voce tra alcuni dei presenti che Adolf Hitler in persona abbia suggerito di radunare alcuni tra i più fidati collaboratori per prendere una decisione che cambierà per sempre la Storia dell'Europa. In scaletta c'è un unico argomento, "Endlösung der Judenfrage", la soluzione finale della questione ebraica: ai convitati verranno chiesti pareri e suggerimenti sui metodi da adottare in merito alla situazione degli ebrei del Continente. Il padrone di casa non è il titolare della villa - un ebreo scappato all'estero dopo la Kristallnacht del 1938 il cui patrimonio era stato confiscato - ma un ufficiale della Gestapo: si chiama Adolf Eichmann, non ha ancora compiuto 36 anni, ha da poco ottenuto la promozione a Obersturmbannführer (tenente colonnello) e guida il dipartimento B4 che è l'ufficio preposto alle deportazioni degli ebrei. Eichmann ha una meritata fama di ottimo organizzatore e non vuole deludere i presenti alla riunione a cominciare dai suoi capi. A condurre il meeting saranno infatti il Gruppenführer Heinrich Müller, comandante della Gestapo, e l'Obergruppenführer Reinhard Heydrich, capo assoluto del RSHA e Reichsprotektor in Boemia e Moravia.

Mentre la neve candida scende sui dintorni del bellissimo sobborgo di Wannsee e in cucina il personale in livrea prepara il buffet, al tavolo della sala delle cerimonie della villa si discute. Heydrich è perentorio, non sono ammessi ulteriori rinvii e vuole chiudere l'incontro prima che sopraggiunga il buio. I dottori Leibbrandt e Meyer, esponenti dei Territori Occupati, enumerano le cifre della popolazione ebraica a Est e chiedono un rapido intervento; Klopfer, segretario della Cancelleria del Partito e vice di Martin Bormann, si dimostra risoluto nel voler procedere. Escluso il ricollocamento forzato in Madagascar, l'unica opzione percorsa è quella drastica che passa attraverso ciò che viene chiamato "evacuazione", una perifrasi agghiacciante che nasconde ben altri intendimenti. A rompere gli indugi è lo Sturmbannführer Rudolf Lange, responsabile dei ghetti nell'Ostland: "Vorrei chiarire una questione - dice - Quando parliamo di evacuazione significa che quegli ebrei dobbiamo ucciderli? Quando assieme ai miei uomini a Riga ho ordinato il massacro di quattromila ebrei, essi sono stati evacuati?". L'imbarazzo per un attimo gela la sala prima che Heydrich ponga fine all'utilizzo del termine confermando che tutti gli israeliti dovranno morire. In quel consesso c'è spazio anche per qualche caso di coscienza come quello del dottor Friedrich Wilhelm Kritzinger, segretario della Cancelleria del Reich. Il funzionario è sconvolto, non crede alle sue orecchie, teme che sia tutto un equivoco: "Lammers (capo della Cancelleria e suo diretto superiore, ndr) mi ha sempre assicurato che si trattava di escludere gli ebrei dalla nostra società e di inviarli in ghetti a Est, nulla di più", protesta; Heydrich lo avvicina durante una pausa dei lavori della riunione e lo minaccia senza alzare la il tono, non intende avere voci contrarie al termine dell'assemblea. Un altro critico è l'avvocato Wilhelm Stuckart, estensore delle Leggi di Norimberga che hanno privato centinaia di migliaia di tedeschi di religione ebraica dei diritti elementari: Stuckart è preoccupato, teme che le esecuzioni di massa generino problemi per le cause di eredità e non vuole che le normative da lui scritte vengano devastate per includere nello sterminio anche i figli delle unioni miste o i coniugi non ebrei. Pure lui è zittito da Heydrich.

Qualcuno sfrutta l'occasione per un po' di arrivismo politico. Neumann, direttore dell'ufficio del Piano Quadriennale, cerca di ingraziarsi chiunque; il Gruppenführer Otto Hofmann (ufficio per la Razza e le Colonie) teme di essere scavalcato dai colleghi dell'SD e della SiPo e vuole rassicurazioni; il segretario del Governatorato Generale Josef Bühler chiede una corsia preferenziale per la Polonia occupata; il sottosegretario agli Esteri Martin Luther tenta a più riprese di farsi amici tra gli ufficiali delle SS presenti nell'ambito di una lotta di potere interna che vedrà a breve coinvolti lui ed il suo superiore von Ribbentrop. Nel primo pomeriggio la riunione è chiusa, Eichmann vieta a chiunque di portar via appunti di qualsiasi genere promettendo che una minuta del verbale sarà inviata nei giorni successivi - minuta che dovrà essere bruciata dopo la ricezione e la lettura. Uno ad uno i convitati abbandonano la villa per far ritorno ai propri uffici o residenze, quasi tutti soddisfatti di ciò che si è deciso: non ci saranno ostacoli, gli ebrei dovranno morire. Non si ricorrerà più alle fucilazioni di massa (spreco di proiettili e problemi di coscienza per i soldati coinvolti) ma si sfrutteranno altri metodi, a cominciare dai lavori forzati; quanto ai mezzosangue, dovranno scegliere tra sterilizzazione e morte per giungere alla "selezione naturale" prevista da Himmler.

La conferenza di Wannsee passerà sotto silenzio fino all'apertura del processo di Norimberga quando più di un partecipante viene citato in giudizio. L'unica prova rimasta della riunione è una delle minute, quella di Luther che contravvenendo agli ordini è stata preservata. Luther non c'è più: rinchiuso a Sachsenhausen per aver cercato di rovesciare von Ribbentrop, è stato stroncato da un infarto pochi giorni dopo la liberazione del campo da parte degli americani. Non è l'unico assente alla sbarra: Heydrich è morto di setticemia dopo l'attentato di Praga del giugno 1942, Lange è caduto in azione durante la difesa di Poznan nel febbraio del '45, Müller e Eichmann sono irreperibili e vengono giudicati in contumacia, Meyer si è suicidato poco prima dell'arrivo degli Alleati, Freisler è stato schiacciato dalle macerie del tribunale dove presiedeva una seduta durante un bombardamento aereo. La mostruosità della contabilità del Male non lascia indifferenti i giudici e nemmeno qualche accusato, tanto che Kritzinger esprime profonda vergogna per quanto avvenuto e per non essere riuscito a fermare quella follia genocida. L'ex segretario della Cancelleria sarà uno degli assolti del processo, l'unico per insussistenza delle accuse; Klopfer, Leibbrandt e Stuckart saranno prosciolti per insufficienza di prove - i primi due moriranno di vecchiaia, il legale perirà in uno strano incidente d'auto nel 1953. Neumann evita il procedimento a causa della sua salute malferma e si spegnerà in un letto d'ospedale nel 1951. Hofmann è giudicato colpevole e condannato a 25 anni di carcere ma verrà graziato nel 1954. Bühler e Schöngarth finiranno entrambi sul patibolo, il primo giustiziato dai polacchi a Cracovia ed il secondo fucilato dagli inglesi.

L'eco di Wannsee si spegnerà solo ad inizio anni '60 quando il Mossad riuscirà a rintracciare in Argentina Adolf Eichmann. Il criminale di guerra era fuggito in Italia ottenendo documenti falsi dalla diocesi di Bolzano che lo identificavano come Riccardo Klement, altoatesino di lingua tedesca. Emigrato a Buenos Aires assieme alla sua famiglia, viene inconsapevolmente tradito dal figlio che inizia a frequentare una ragazza tedesca rivelandole il suo vero cognome. La giovane, figlia di un ebreo sopravvissuto all'Olocausto, informa i propri cari che passano i documenti raccolti al procuratore federale Fritz Bauer ed all'ambasciata israeliana. Catturato con uno stratagemma e portato di nascosto a Gerusalemme per essere giudicato, Eichmann rivelerà in aula ulteriori particolari sulla conferenza di Wannsee tra cui la decisione di impiegare in maniera massiccia il gas per la "soluzione finale", pur continuando a difendersi con la motivazione di essere stato solo un burocrate ed un semplice esecutore di ordini superiori ma dimostrandosi al contempo glaciale, sprezzante e spietato persino nei confronti dei sopravvissuti chiamati a testimoniare. La sentenza di morte, l'ultima decretata in Israele, sarà eseguita per impiccagione poco prima della mezzanotte del 31 maggio 1962 all'interno della prigione di Ramla.

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