La rapina del secolo
"Tranquilli, sono Franco, ho dimenticato una cosa": le parole pronunciate dalla guardia giurata Franco Parsi paiono rassicurare i due metronotte presenti all'interno della struttura di sicurezza lungo l'Aurelia che sentono la voce del collega alla porta. Invece alle spalle di Parsi sbuca un gruppetto mascherato di tre malviventi che in pochi secondi disarma le guardie e le stende a terra, legandole assieme a Parsi per poi compiere una rapina davvero fuori dall'ordinario. Perché la razzia al deposito romano della Brink's Securmark, una società di trasporto valori, frutta un bottino colossale stimato tra i 35 ed i 37 miliardi di lire dell'epoca - circa 51 milioni e mezzo di euro. E' dunque logico che, appena divulgata la notizia, la stampa definisca il blitz di domenica 24 marzo 1984 come "la rapina del secolo".
La tecnica adottata dai banditi rasenta la preparazione militare. La sera del 23 marzo un commando di quattro persone, tutte a volto coperto, preleva Franco Parsi all'uscita dal deposito: "Siamo le Brigate Rosse", annunciano, anche se non è vero. Parsi conosce i rischi del mestiere e non si azzarda a compiere passi falsi, immagina che quel quartetto voglia le chiavi del caveau blindato e proprio per questo fa loro notare che il suo prossimo turno di lavoro comincerà soltanto lunedì 25 alla mattina. Ma questo i banditi lo sanno già, difatti dopo aver sequestrato il metronotte lo portano a casa, legano i suoi famigliari e attendono l'alba per mettersi in moto. Parsi legge il terrore negli occhi della moglie e promette massima collaborazione, lui andrà via con tre rapinatori mentre un quarto resterà nell'abitazione a guardia degli ostaggi per accertarsi che non ci siano colpi di testa. Arrivati al deposito della Brink's Securmark l'operazione dura pochissimo, la banda pare conoscere ogni palmo dello stabile e si è premunita per il trasporto dei valori con un furgone che pare identico a quelli della ditta. Ci vuole un po' perché Parsi ed i suoi due colleghi - alla domenica il turno è ridotto - riescano a liberarsi ed a dare l'allarme. I banditi sono già in fuga con l'enorme malloppo ma lasciando anche alcuni strani oggetti, quasi volendo trasmettere dei messaggi cifrati a chi dovrà investigare.Chi è stato? Agli inquirenti appare ovvio che non siano state le Brigate Rosse che, tra l'altro, nel 1984 sono ormai smantellate. Certo, il fatto che i malviventi abbiano lasciato sul posto una granata Energa, identica a quella utilizzata dalle BR nel corso dell'attentato che cinque anni prima era costato la vita al tenente colonnello dei carabinieri Antonio Varisco, è sospetto. Così come non ci si spiega del tutto la presenza sul posto di sette proiettili calibro 7,62mm, sette catene e sette chiavi, oltre a delle schede dattiloscritte. Gli assalitori hanno lasciato anche un volantino farneticante di rivendicazione oltre a qualche Polaroid scattata ai guardiani, legati ed imbavagliati e messi in posa sotto un drappo rosso con la caratteristica stella a cinque punte. Ci vuole davvero poco a capire che sia stata tutta una messinscena. Ma da parte di chi?
Un indizio arriva da quel numero sette ed anche dalle schede dattiloscritte. A qualche carabiniere non sfugge l'assonanza con due fatti di cronaca avvenuti qualche tempo prima a Roma, ovvero il rapimento dell'onorevole Aldo Moro e l'uccisione del giornalista Mino Pecorelli. Durante i 55 giorni di prigionia del presidente della DC si era temuto il peggio quando era stato diffuso il comunicato numero 7 che annunciava l'esecuzione del politico il cui cadavere sarebbe stato gettato nel Lago della Duchessa. Quel comunicato era un falso ed era stato confezionato da un personaggio che in seguito all'omicidio del fondatore e direttore di "OP" aveva fatto ritrovare in un taxi un borsello contenente altri enigmatici indizi che si riferivano tanto al rapimento Moro quanto ai segreti che Pecorelli avrebbe custodito sino a quando un anonimo killer era intervenuto ponendo fine alla sua scomoda esistenza. Questo personaggio porta il nome di Antonio Giuseppe "Tony" Chichiarelli.
Buon talento della pittura ed autore di pregevoli falsi di De Chirico, Chichiarelli è un artista conosciuto: sua moglie, la gallerista Chiara Zossolo, ne promuove le opere che riscontrano un buon successo sul mercato. Ma Tony ha anche altre attività, come un negozio di forniture per ufficio da cui proviene la macchina da scrivere che ha redatto il falso comunicato numero 7. Ancor di più, da metà anni '70 in poi Chichiarelli è amico intimo di Danilo Abbruciati, "Er Camaleonte", uno dei boss della nascente Banda della Magliana che lo introduce negli ambienti criminali dello spaccio di stupefacenti, dell'usura, delle scommesse clandestine, del riciclaggio di denaro. Il mondo torbido che gravita attorno alla Magliana è composto anche dalla mafia personificata da Pippo Calò, dagli affaristi guidati da Flavio Carboni, dal SISMI parallelo di Francesco Pazienza, dai NAR dei fratelli Fioravanti: ce n'è abbastanza per creare un lucroso business criminale a vantaggio di Chichiarelli che inizia a produrre documenti falsi ed a fare tanti strani favori ai vari personaggi che gravitano attorno a quel particolare universo al confine tra malavita ed eversione.Chichiarelli da tempo è inquieto, pare che la trovata del borsello sul taxi con gli indizi per il caso Moro ed il delitto Pecorelli sia stata una sorta di vendetta personale per il magro compenso ottenuto in relazione al falso comunicato del Lago della Duchessa. Negli ultimi anni i suoi rapporti con la Banda della Magliana si sono sfilacciati: dopo la morte del fondatore Franco Giuseppucci e la sanguinosa vendetta contro i Proietti, il sodalizio criminale si è diviso in due filoni. La morte di Abbruciati, freddato a Milano mentre tentava di uccidere il vicepresidente del Banco Ambrosiano Roberto Rosone, è un altro brutto colpo e segna la spaccatura definitiva tra il gruppo dei "Testaccini" di Renatino De Pedis ed il resto della Banda, ancora fedele a Maurizio Abbatino. Qualcuno indica Chichiarelli come un traditore, l'ennesimo opportunista disposto a farsi gli affari propri a scapito dei suoi ex sodali. Ma Tony ha altro per la testa, vuole mettere a segno un colpo spettacolare forse anche per mettere da parte abbastanza denaro e scappare da Roma.
La preparazione del colpo alla Brink's Securmark è meticolosa. Chichiarelli svolge appostamenti per due settimane, si mette d'accordo con un dipendente ed un ex metronotte che fungono da basisti e gli forniscono la planimetria ed i turni del personale, recluta i complici, procura le armi ed il furgone per la fuga. Il blitz riesce magistralmente e la spartizione del bottino non dà problemi: secondo quanto raccontato a Cristina Cirilli, la commessa ventunenne di cui si è innamorato e per la quale ha lasciato la moglie, la rapina del secolo ha fruttato ben più di quanto denunciato dalla società derubata e ci sono soldi in abbondanza per tutti. Tolti i due miliardi per i basisti e i venti miliardi dati ai tre complici, a Chichiarelli resterebbero in tasca oltre trenta miliardi, una cifra sufficiente per garantirgli un espatrio dorato in qualsiasi parte del mondo.
Invece misteriosamente Chichiarelli non si muove da Roma. Potrebbe andarsene, farsi dimenticare, godersi la compagnia di Cristina e del bambino che porta in grembo. Niente da fare, il falsario non se ne va. A qualche amico dice che non ha ancora finito un lavoro, ma non si tratta di un falso di De Chirico o della vendita di un mobile antico: Tony era amico di Mino Pecorelli e pare intenzionato a far luce sulla sua morte. La sera del 28 settembre 1984 un assassino rimasto sconosciuto lo aspetta nell'androne del palazzo in cui vive con la Cirilli ed il bimbo nato da appena un mese: quando la giovane, appena scesa dall'auto del suo uomo, apre il portone d'ingresso viene colpita all'occhio sinistro ed al braccio da tre proiettili. Furibondo, Chichiarelli abbandona la Mercedes si getta a piedi all'inseguimento del killer che, svoltato l'angolo, si gira e gli svuota addosso il caricatore di una pistola calibro 6,35mm colpendolo prima al torace e poi alla testa. Chichiarelli muore sul colpo ed i soccorritori non possono far altro che constatarne il decesso mentre la Cirilli, pur perdendo l'occhio, si salverà. Dal letto d'ospedale la donna dice di sapere poco o nulla degli affari del compagno ma per gli inquirenti l'appartamento del falsario è una vera sorpresa: armi, una piccola dose di cocaina, contanti, gioielli, documenti. Ed una videocassetta: sul nastro è incisa la registrazione di uno speciale del TG1 dedicato alla "rapina del secolo", un beffardo lascito da parte di un enigmatico bandito con la passione dell'arte.
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