L'uomo del supercannone
La storia umana è zeppa di misteri irrisolti, vicende e casi che non trovano spiegazioni logiche né precise paternità. Gli omicidi rappresentano parte rilevante di tale curiosa statistica, con numerosi episodi di uccisioni senza un movente chiaro, in cui il mandante è ignoto e pure l'esecutore non è rintracciabile o identificabile. Misteri, appunto, che non hanno una chiave di lettura assoluta. Uno di questi casi irrisolti si apre la sera del 22 marzo 1990 a Bruxelles, in un elegante palazzo del centro della capitale belga. La primavera ancora non è del tutto arrivata in città ed un uomo tarchiato, di mezz'età, con addosso un soprabito di taglio inglese entra nell'androne, sale nella cabina dell'ascensore ed arriva al terzo piano. Il tempo di giungere alla porta del proprio appartamento e di infilare la chiave nella toppa ed è già morto: tre killer sbucano dalle scale con passo felpato e gli piombano alle spalle, sparandogli a bruciapelo cinque colpi alla testa ed alla schiena per poi fuggire senza lasciare tracce, nemmeno i bossoli espulsi dalle armi automatiche silenziate che hanno utilizzato nell'agguato. Accasciato sul pianerottolo resta il cadavere del professor Gerald Bull, 52 anni, specialista di fisica balistica e padre di alcuni dei più potenti pezzi d'artiglieria mai creati.
Quell'omicidio così insolito scuote a malapena il sonnacchioso ambiente belga ma desta preoccupazioni in più uffici statali, dal Nordamerica al Medioriente. Il dossier personale di Gerald Bull è presente in numerosi ministeri della NATO, del Patto di Varsavia e dei Paesi non allineati con note caratteristiche spesso sottolineate in punti focali. Nato nel 1928 da una famiglia immigrata in Canada, Bull era entrato a vent'anni all'Institute for Aerospace Studies di Toronto sotto la direzione del dottor Gordon Patterson, una istituzione che godeva del finanziamento statale della Difesa per progetti riguardanti l'aerodinamica, la propulsione a getto e la fisica. Qui il giovane Bull aveva ottenuto una borsa di studio per realizzare una galleria del vento supersonica, partecipare al programma missilistico Velvet Glove ed infine specializzarsi in balistica. Ormai concluso il percorso accademico e prossimo all'uscita dall'ambito accademico, il giovane ingegnere aveva focalizzato il proprio interesse sul programma CARDE (Canadian Armament and Research Development Establishment) in cui si era convinto della necessità di sviluppo dell'artiglieria non come mezzo bellico ma come strumento per il lancio di carichi ad altissima quota, ottenendo le stesse risultanze della sempre più presente missilistica ma a costi inferiori.
Dopo aver lavorato per alcuni anni alla realizzazione di altre gallerie del vento, la fortuna di Bull si era affermata nella seconda metà degli anni '50 quando le sfere militari del Canada rivalutarono alcuni suoi studi chiedendogli di partecipare alla ricerca per sistemi difensivi antimissilistici e poi autorizzando la ripresa degli esperimenti sulle artiglierie di medio calibro. Con un budget adeguato Bull aveva potuto finalmente avviare i test in alcuni poligoni ma il suo carattere fin troppo burrascoso con punte di assoluta spacconaggine gli erano costate care: una boutade assolutamente priva di riscontri sulla capacità di concorrere da parte del Canada nella competizione spaziale ed alcuni diverbi con i suoi superiori al ministero gli avevano causato il licenziamento nel 1961.
Le sue ricerche tuttavia avevano destato l'interesse di altri accademici tanto che non passò molto tempo prima che la McGill University di Toronto gli affidasse la direzione di un dipartimento di ingegneria sulle ricerche ad alta quota. Stava nascendo il Progetto HARP, con un poligono privato alle Barbados dotato di un vecchio cannone da 406mm acquistato in saldo dalla US Navy: con quel pezzo di derivazione navale Bull iniziò a sperimentare i lanci ad alta quota riscontrando un successo soprattutto mediatico, con articoli costanti scritti dalla stampa specializzata che ne lodava l'efficienza in rapporto ai costi sostenuti dalla NASA per sperimentazioni sui missili. Il budget previsto consentì a Bull di lavorare per cinque anni affinando i proiettili speciali per la messa in orbita di oggetti inerti arrivando al record mondiale di 180 km di altezza, prima che la spinta inerziale della sua iniziativa accusasse i primi contraccolpi. Al governo canadese cominciò a non piacere l'attivismo di quello che riteneva essere un suo ex dipendente un po' riottoso e nel 1967 dispose affinché le erogazioni di denaro al Progetto HARP cessassero entro l'anno successivo.Di nuovo senza un committente, Bull si inventò imprenditore. Attingendo ai suoi esperimenti ed al materiale rimasto in suo possesso, fondò la Space Research Corporation, una compagnia di consulenza. Tuttavia a dispetto del nome la SRC non trovò mai committenti nell'ambito della ricerca aerospaziale ma attirò l'interesse di Paesi non allineati che volevano aggiornare la propria artiglieria da campagna. Lavorando sulla base di un obice americano da 155mm Bull creò il suo primo pezzo, il GC-45, con proiettili dedicati che risultarono nel complesso più precisi di quelli forniti dagli USA: la sua prima commessa, una vendita di 50mila munizioni a Israele nel 1973, gli spalancò le porte del mercato di armi e gli guadagnò le simpatie dell'amministrazione Nixon (poi Ford) che gli concesse la cittadinanza statunitense per meriti scientifici.Poco tempo dopo nell'ufficio della SRC si palesarono emissari del Sudafrica che, con la scusa di interessarsi al programma di ricerche spaziali, ingaggiarono Bull per un deciso aggiornamento del parco artiglieria. Il Paese dell'apartheid era all'epoca impegnato in una spinosa guerra con l'Angola che, rifornito di moderni sistemi d'arma dall'Unione Sovietica e irrobustito da un contingente cubano, teneva in scacco le forze armate di Pretoria. In breve tempo Bull modernizzò l'artiglieria sudafricana sviluppando il G5, un obice derivato dal suo primo progetto, e successivamente una versione semovente dello stesso cannone oltre a garantire una fornitura di 30mila proiettili. Con queste armi il Sudafrica ebbe la meglio sui cubani ma per somma sfortuna dell'ingegnere la nuova dottrina dell'amministrazione Carter in tema di forniture bellica gli risultò nefasta. Nel 1979 l'FBI arrestò Bull con l'accusa di aver imbastito un traffico illegale di armi in un Paese sotto embargo internazionale ed a nulla valsero i tentativi dei legali dell'ingegnere di dimostrare l'iniziale appoggio di funzionari americani all'operazione. Deluso ed amareggiato, Bull si ritrovò a scontare sei mesi di carcere in un penitenziario federale ed a pagare una sanzione dopo l'altra, dopo che i suoi connazionali scoprirono che aveva accettato una commessa dalla Cina senza pagare i diritti doganali.
Uscito dalla prigione, Bull decise di rompere con le sue radici nordamericane trasferendosi definitivamente a Bruxelles, dove già operava un ufficio periferico della sua SRC. Senza più stimoli concreti in ambito aerospaziale, continuò a lavorare come consulente per l'artiglieria campale ed in tale veste venne contattato dall'Iraq. Dopo aver dichiarato guerra al suo vicino sciita sperando di approfittare della cacciata dello Scià, il Paese mediorientale era invischiato in un conflitto senza via d'uscita in cui le masse iraniane riuscivano a contenere l'esercito di Saddam Hussein, meglio armato e che godeva del sostegno dell'Occidente. Bull ebbe dunque una possibilità per rifarsi del passato portando a Baghdad i suoi migliori gioielli e creando sulla loro base due obici semoventi con cui le truppe di Saddam poterono vincere la decisiva battaglia nelle paludi di Faw: fu abbastanza per guadagnarsi la simpatia del Rais cui l'ingegnere illustrò il suo vecchio Progetto HARP con l'intenzione di traghettare l'Iraq tra le grandi potenze. Con HARP, Saddam avrebbe potuto lanciare in orbita un satellite iracheno assumendo un ruolo di primaria grandezza nella regione ed ottenendo un riconoscimento internazionale assoluto. In cambio di un aggiornamento ai vecchi Scud-B, rozzi missili balistici sovietici che l'Iraq aveva acquistato a prezzo di saldo, Bull fu autorizzato a riprendere le ricerche su base HARP disegnando due supercannoni che avrebbero costituito il nerbo del programma spaziale iracheno, nome in codice Babilonia.Mentre lavorava a Babilonia, Bull si accorse di alcune stranezze. A Bruxelles vide in ben due occasioni degli sconosciuti che lo pedinavano, il suo appartamento fu visitato da ignoti che gli lasciarono dei messaggi sotto forma di bicchieri spostati, cassetti aperti e videocassette riavvolte nel registratore. L'ingegnere cominciò a preoccuparsi ed una sera di febbraio del 1990 richiese un contatto con l'addetto dell'ambasciata statunitense per confidare i suoi timori. Il colloquio che ne seguì sembrò tranquillizzare Bull che riprese il suo lavoro sino alla sera del 22 marzo quando quelle cinque pallottole misero fine per sempre alla sua vita.Chi ha ucciso Gerald Bull? Nessuna verità è stata accertata, a parte la presenza di tre individui non identificati nel palazzo in cui abitava pochi minuti dopo l'assassinio. Quello che fu probabilmente il plotone d'esecuzione dello scienziato venne scorto da alcuni residenti mentre scappava con discrezione dall'agguato dileguandosi a bordo di un'auto risultata rubata e ritrovata il giorno dopo. Sul posto a fianco al cadavere di Bull è rimasta la sua valigetta, intatta, con all'interno schizzi tecnici, calcoli e 20mila dollari in contanti, smentendo dunque l'ipotesi della rapina. Sono tre i filoni d'inchiesta seguiti dagli inquirenti belgi ma nessuno ha mai portato ad una chiara risultanza. Il maggiore sospettato è lo Stato d'Israele che avrebbe commissionato l'omicidio per fermare le ricerche a favore di un Paese nemico, l'Iraq: eppure Bull era rimasto in ottimi rapporti con l'esercito israeliano che era stato il suo primo cliente. Una seconda pista porterebbe al consolato dell'Iran, una vendetta per le artiglierie fornite da Bull durante il conflitto degli anni '80, ma Teheran ha sempre smentito seccamente l'ipotesi affermando di non aver mai ritenuto che l'ingegnere rappresentasse un pericolo per la Repubblica islamica. Resta la terza opzione, quella irachena, una squadra di killer inviati da Saddam per chiudere la bocca per sempre a quell'uomo talentuoso ma un po' chiacchierone, geniale ed al tempo stesso ingenuo. Perché? Forse a causa dell'impraticabilità del progetto Babilonia, forse perché Bull si era rifiutato di produrre proiettili da riempire di gas con cui colpire le minoranze curde e sciite, forse perché aveva spifferato qualcosa di troppo agli americani? Il motivo reale di quella morte assurda sul pianerottolo non si saprà mai. I supercannoni di Bull comunque non spareranno mai un colpo, le sezioni commissionate ad aziende inglesi, tedesche, francesi, spagnole ed italiane finiranno sotto sequestro subito dopo l'invasione del Kuwait mentre i suoi obici resteranno negli arsenali di Saddam sino alla sua definitiva caduta nel 2003.
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