Tiro a segno sull'acqua
Disastro, sciagura, massacro: sono questi alcuni dei sostantivi maggiormente utilizzati da storici e militari per definire la notte di Matapan, la peggiore uscita in mare della Regia Marina dai tempi di Lissa. Qualcuno ha provato a definire quegli avvenimenti come una battaglia ma nella realtà dei fatti fu ben altro: fu un tiro a segno. Solo che il teatro della tragedia non era il baraccone di un luna park, non si sparava con fucili a pallini e i bersagli non erano delle lattine vuote o delle sagome di cartone. Quella notte, nel buio e freddo Mediterraneo Orientale a sud del Peloponneso, oltre duemila tra ufficiali e marinai affrontarono la Morte ignari, sino quasi all'ultimo minuto, della propria condanna.
Capo Matapan è una propaggine della penisola del Peloponneso ma dalla notte tra il 28 ed il 29 marzo 1941 ha assunto un preciso significato nella storia militare. Quella che doveva essere un'operazione di intercettazione del traffico marittimo avversario si risolse in una débâcle di proporzioni enormi per una Regia Marina già colpita al cuore dalla Notte di Taranto ed il cui prestigio venne drasticamente ridimensionato dopo che una sequela di errori di valutazione e di condotta tattica condizionarono il comportamento in mare dei comandanti e delle loro navi. A ottant'anni di distanza analizzare quanto avvenne è teoricamente semplice ma altrettanto tragico, ricordando il sacrificio di un'intera divisione navale spedita nelle fauci del nemico senza un'apparente, reale motivazione se non la sottovalutazione del rischio o l'eccesso di sicumera.
Pressato da interessi superiori ed anche dal pungolo tedesco, Iachino esce in mare la sera del 26 marzo con la sua squadra per dare la caccia ai convogli inglesi, ignaro che anche la Mediterranean Fleet abbia preso il mare in forze, con tre corazzate e la portaerei "Formidable" coperte da una squadra di incrociatori e da numerosi caccia. La Regia Aeronautica ed il X CAT hanno garantito la presenza di copertura aerea sul teatro delle operazioni ma questioni meteorologiche riducono all'ultimo momento il reale impatto operativo degli aerei italo-tedeschi determinando così il primo, grave errore tattico di una sortita che nasce sotto una stella sfortunata. A poco vale l'incursione dei barchini esplosivi della X MAS nella baia cretese di Suda che si conclude con l'affondamento dell'incrociatore pesante "York", giacché i britannici riescono a leggere i cablo tedeschi e hanno deciso di intercettare la squadra avversaria nella zona prevista tendendo una trappola. La mattina del 28 marzo nei pressi dell'isolotto di Gaudo avviene il primo contatto quando i ricognitori italiani ed inglesi avvistano i rispettivi avversari: ad ingannare Iachino sull'effettiva forza dei britannici è il fatto che il gruppo comprendente le corazzate e la "Formidable" sia rimasto attardato da un guasto accusato dall'ammiraglia "Warspite" cosicché nei telemetri italiani finiscono solo gli incrociatori leggeri: sottovalutando quindi l'effettiva capacità britannica in mare, Iachino ordina agli ammiragli Cattaneo e Sansonetti di aprire il fuoco da 24mila metri sfruttando la maggiore gittata dei cannoni da 203mm di cui sono provvisti gli incrociatori pesanti della Regia Marina. La scaramuccia dura un paio d'ore, almeno finché l'ammiraglio Pridham-Wippell, comandante della divisione inglese, non decide di invertire la rotta per non esporsi al tiro dei grossi calibri della "Vittorio Veneto". Iachino, che in precedenza aveva ignorato un rapporto proveniente da Rodi che indicava la presenza in mare anche della squadra da battaglia avversaria, deve ricredersi quando in cielo appaiono gli aerosiluranti della "Formidable" che per fortuna vengono respinti dalla contraerea. Senza appoggio dal cielo e con le scorte di carburante del naviglio leggero che iniziano a scarseggiare, dopo aver riscontrato l'impossibilità di intercettare alcun convoglio e dunque il fallimento della sortita, Iachino ordina il rientro alla base.
Da quel momento in poi l'iniziativa passa a Cunningham. L'ammiraglio inglese è stato avvertito della presenza in mare di una grossa formazione italiana comprendente secondo i suoi ricognitori ben tre corazzate - gli aviatori avevano scambiato le sagome degli incrociatori "Abruzzi" per quelle delle corazzate "Conte di Cavour", effettivamente piuttosto simili - ed è ingolosito dalla possibilità di assestare un colpo micidiale al nemico. Dalle ore 14 in poi, dalla "Formidable" decollano varie ondate di aerosiluranti che hanno l'unico compito di rallentare il più possibile la corsa delle navi italiane per consentire un ricongiungimento da parte del grosso della flotta britannica: i primi attacchi vanno a vuoto ma alle 15:29 un siluro centra l'ammiraglia di Iachino a poppa, spezzando l'asse di una delle eliche e bloccando il timone ausiliario. La corazzata imbarca acqua e per qualche minuto gira in tondo sbandando prima che le squadre di bordo riescano a rimetterla in rotta. Iachino ordina all'intera flotta di serrarsi attorno alla sua nave ferita come protezione: il nuovo obiettivo della missione è salvare a tutti i costi la "Vittorio Veneto". Cunningham viene informato del danno inflitto agli avversari solo quando il sole sta già tramontando e sa che anche spingendo al massimo le proprie navi non riuscirà a raggiungere gli italiani o ad arrivare a distanza utile per ingaggiarli; ciò nonostante chiede ulteriori attacchi aerei che continuano, anche nell'oscurità della sera, a dispetto delle difficili condizioni di volo acuite dalla cortina fumogena alzata dalla scorta della "Vittorio Veneto". Pare che la fortuna arrida a Iachino ma alle 19:45 l'ultimo assalto dal cielo porta una pessima notizia all'ammiraglio italiano: il "Pola" è rimasto indietro, colpito da un siluro e non dà segni di attività.L'incrociatore pesante effettivamente ha incassato un ordigno che ha devastato la sala macchine e privato la nave tanto della forza motrice delle caldaie quanto dell'energia elettrica. Il "Pola" in pratica è un relitto galleggiante, un bersaglio ideale per gli inglesi che stanno ancora muovendo a tutta forza verso Nord-Ovest nella speranza di intercettare il nemico. Iachino però crede che Cunningham sia ancora parecchio distante e ritiene che gli inglesi non azzardino ulteriori incursioni al buio, peraltro col rischio di avvicinarsi ad un'area in cui gli italo-tedeschi potrebbero far valere una superiorità aerea. In forza di ciò, il comandante italiano ordina alla divisione del collega Cattaneo di invertire la rotta e di portare soccorso al "Pola": invece di dirigere verso il relitto un paio di caccia per il rimorchio, Iachino rispedisce indietro due preziosi incrociatori pesanti e quattro caccia, completamente ignaro di quanto potrebbe accadere. Cattaneo in verità suggerirebbe di inviare solo un paio di caccia per il traino del "Pola" ma inspiegabilmente il messaggio arriva a Iachino in ritardo quando la divisione è già in navigazione verso la nave immobilizzata.Sul fronte opposto, Cunningham per oltre un'ora non ottiene ulteriori informazioni. Solo a sera inoltrata Pridham-Wippell lo informa che i radar dell'"Orion" hanno scandagliato un relitto fermo in mezzo al mare, quello del "Pola", anche se il comandante degli incrociatori britannici ha preferito proseguire la caccia alla squadra italiana in fuga lasciando il ghiotto boccone per le corazzate; mentre manovra, Pridham-Wippell scorge sempre sul radar le sagome della divisione di Cattaneo ma la scambia erroneamente per una squadriglia di caccia inglesi in perlustrazione, quindi aggiusta la rotta e non segnala nemmeno la posizione. Alle 22:20 Cunningham arriva sul posto, identifica il "Pola" e fa brandeggiare i grossi calibri per dare il colpo di grazia alla nave immobilizzata. A bordo dell'incrociatore il caos è completo: parte dell'equipaggio si è buttato in acqua due ore prima, temendo l'affondamento, e dopo essere rientrati sulla nave i marinai, fradici ed infreddoliti, ottengono il permesso di usufruire della riserva di alcolici per combattere l'ipotermia; il comandante del vascello, De Pisa, scorge nel buio delle sagome lontane e, pensando sia la divisione di Cattaneo giunta in soccorso, fa lanciare un razzo luminoso per segnalare la propria posizione. Sul "Pola" sta per piovere una gragnuola di proiettili da 381mm quando il commodoro Edelsten richiama l'attenzione di Cunningham sulla plancia della "Warspite": nel buio l'ufficiale ha scorto col binocolo notturno i profili di due incrociatori pesanti italiani ed il radar della "Valiant" conferma la posizione ad appena 3mila metri delle navi nemiche. Rapidamente Cunningham dà ordine ai cannonieri di puntare sui nuovi bersagli. Alle 22:27 si scatena l'inferno sull'acqua: i riflettori dei caccia inglesi illuminano a giorno la divisione italiana che nei successivi tre minuti è investita da una impressionante sequela di salve di grosso calibro. Impossibilitati a difendersi, lo "Zara", il "Fiume" ed il caccia "Alfieri" sono colpiti a morte e ridotti a relitti in fiamme; il "Carducci" abbozza una cortina fumogena di protezione ma è anch'esso bersagliato e distrutto, solo i caccia "Oriani" e "Gioberti" si salvano con una manovra che fa temere a Cunningham un possibile contrattacco con i siluri tanto da consigliare uno sganciamento. Quel che resta della divisione dell'ammiraglio Cattaneo, morto nella plancia dello "Zara" centrata dalle cannonate, si spegne in fondo al mare. Quanto al "Pola", il caccia "Jervis" è incaricato dell'abbordaggio per mettere in salvo i sopravvissuti, dopodiché con un siluro cola a picco l'unità.
La notte di Matapan si conclude con un disastro epocale per la Regia Marina che in colpo solo vede dimezzata la sua dotazione di incrociatori pesanti e perde 3500 uomini tra morti e prigionieri. Il comodo tiro al bersaglio condotto dai britannici non costa il comando a Iachino che, pur essendo corresponsabile della tragedia, manterrà l'incarico sino al 1943 quando verrà sostituito da Bergamini. La bruciante disfatta, un cumulo di errori tattici, sottovalutazioni, mancata coordinazione, impreparazione al combattimento notturno e ritardi, passerà alla storia come una delle peggiori pagine della tradizione marinara italiana. L'eco di Matapan non si spegnerà nemmeno col tempo, giacché il 10 agosto 1952 verrà rinvenuta una bottiglia incerata ed incrostata con un messaggio all'interno: "R. Nave Fiume – Prego signori date mie notizie alla mia cara mamma mentre io muoio per la Patria. Marinaio Chirico Francesco da Futani, via Eremiti 1, Salerno. Grazie signori – Italia!". Una testimonianza, quella del marinaio campano, che come avrebbero scritto diversi storici ai soldati italiani mancò sicuramente la fortuna, non il coraggio ed il valore.
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