Un distillato... esplosivo
"Scusi Oberstleutnant, mi farebbe un piacere personale?": la voce limpida con il secco timbro dell'area berlinese del maggior generale Henning von Tresckow risuona gentile e quasi reverente alle orecchie del tenente colonnello Heinz Brandt nel pomeriggio del 13 marzo 1943 a Smolensk, sede del quartier generale dell'Heeresgruppe Mitte. "Vede, è una questione un po' delicata - premette von Tresckow - Ho perso una scommessa con un mio vecchio amico, il generale Hellmuth Stieff, direttore dell'OKH. Siccome mi vanto di essere un gentiluomo e di rispettare sempre i patti, le chiedo se non le arrechi eccessivo disturbo caricare come bagaglio personale in aereo un paio di bottiglie di Cognac francese, da recapitare al mio amico Stieff perché possa bere alla mia salute". Brandt è un brillante ufficiale, aiutante di campo del generale Schmundt, capo di stato maggiore dello Heer, e non si aspetta certo una simile richiesta ma sarebbe estremamente sgarbato rifiutare di offrire un passaggio ad una piccola cassetta di legno nel volo verso Berlino. D'altronde sul Focke Wulf di Adolf Hitler c'è spazio a sufficienza e l'unica preoccupazione sarà quella di evitare che qualcuno voglia approfittare delle bottiglie destinate a Stieff prima della consegna o che il prezioso carico si rompa. Non sa, il colonnello Brandt, che quella cassetta di legno con i contrassegni del celeberrimo distillato francese cela ben altro. E non sa nemmeno che la sua vita, così come quella di parecchie altre persone su quel volo in partenza dalla Bielorussia verso il cuore del Reich, è in serio pericolo.
Henning von Tresckow da parecchio tempo conduce una doppia vita. Per la maggior parte dei suoi colleghi e per quasi tutti i suoi sottoposti nella 2a Armata, egli è un geniale tattico con una robusta esperienza alle spalle, nipote del feldmaresciallo Fedor von Bock e discendente da una nobile famiglia prussiana. Per una ristretta cerchia di fedelissimi - militari, spie, diplomatici, funzionari - von Tresckow è una delle menti più raffinate all'interno del gruppo di oppositori del nazismo (la famosa Schwarze Kapelle) che tenta a più riprese di uccidere il tiranno. Al quartier generale della 2a Armata il conte Fabian von Schlabrendorff è il suo più stretto collaboratore non solo in termini militari ed insieme studiano diverse opportunità per eliminare Hitler e far cadere il suo sanguinario regime. Per la Schwarze Kapelle è necessario eliminare non solo il Führer ma anche Himmler, capo delle SS, per scongiurare il rischio di una guerra civile: per questo motivo in più occasioni i piani per un assassinio vengono rinviati, mancando all'appuntamento uno dei due bersagli. Con la guerra ad Est che diviene sempre più difficile in seguito alla disfatta di Stalingrado, i cospiratori decidono alfine per una accelerazione puntando al bersaglio grosso. Che è ovviamente Hitler.Eppure il Führer non è uomo semplice da uccidere e non solo perché circondato da un imponente apparato di sicurezza, a cominciare dalla Leibstandarte, il reggimento della guardia personale. Dal 1938 in avanti più d'uno ha attentato alla sua vita ma in nessun caso i complotti ordini hanno conosciuto successo o addirittura compimento. Si parla a volte di "volontà divina" per giustificare un cumulo di singolarità e di situazioni difficilmente ripetibili, da appuntamenti cancellati all'ultimo minuto sino ad inconvenienti di natura tecnica. Nel marzo del 1943 però i cospiratori hanno a disposizione uno strumento di prim'ordine, una bomba al plastico sequestrata ad alcuni agenti del SOE britanicco, studiata, adattata e gentilmente messa a disposizione dall'Abwehr i cui vertici (ammiraglio Canaris, colonnello Oster) simpatizzano piuttosto apertamente per la causa della Schwarze Kapelle. L'ordigno è composto da due panetti di esplosivo e da due "matite inglesi", sottili cilindri di rame al cui interno un acido provvede ad erodere silenziosamente il meccanismo che trattiene il percussore d'innesco: è questo il reale contenuto della cassetta con il marchio di Cognac.
Un conto è assemblare una bomba, un altro discorso è effettuare un colpo di Stato. Il gruppo di von Tresckow lo sa bene anche perché Hitler ha preteso un giuramento di fedeltà da ogni soldato ed ufficiale, rendendo assai arduo rompere un legame che, per un popolo assai legato alle tradizioni ed al senso dell'onore come quello tedesco, rappresenta un legame difficilmente solvibile. Eppure la Schwarze Kapelle è convinta che, a fronte delle atrocità sempre più evidenti e dell'andamento critico della guerra, la morte del dittatore potrebbe rappresentare il modo migliore per scatenare il golpe e mutare le condizioni interne della Germania al fine di trattare la pace con gli Alleati. Per raggiungere l'obiettivo è necessario che il Führer capiti a tiro e che si possa in qualche modo avvicinargli la bomba. Magari durante una delle sue ispezioni al fronte, un'attivita che il caporale austriaco predilige per far sentire la sua presenza sul campo ai generali che in fondo disprezza e di cui si fida poco.
Nel febbraio del 1943, poche settimane dopo la caduta della 6a Armata di Paulus, Hitler si muove. Per quasi un mese il dittatore si stabilisce a Vinnitsa, nelle pianure dell'Ucraina, studiando il da farsi in relazione al ripiegamento dal saliente del Volga: il dittatore è di pessimo umore, la resa di Paulus l'ha reso furente, forse si aspettava davvero una morte da eroi nibelunghi per i suoi soldati mandati al massacro nella sacca di Stalingrado. A fare le spese dei suoi scatti d'ira è Erich von Manstein che, pur avendo sganciato con successo la sua 11a Armata e bloccato i sovietici a Char'kov, continua a perdere punti agli occhi del maniacale padrone della Germania. Difatti von Manstein, che già invano aveva chiesto di autorizzare la ritirata di Paulus attraverso un'operazione combinata, continua a propugnare una tattica difensivista che permetta di evitare la distruzione di altre preziose divisioni e di non dissanguare le già esigue riserve corazzate. Hitler non ne vuol sapere e quando ai primi di marzo annuncia che rientrerà in Germania dopo un sopralluogo a Smolensk, il feldmaresciallo sa già che dovrà lasciare il comando.
L'appuntamento in Bielorussia è una vera manna dal cielo per von Tresckow. Secondo l'agenda dell'entourage del Führer, la visita sarà rapida: arrivo in mattinata, riunione con lo stato maggiore, colazione, un ulteriore briefing e poi un ultimo volo verso Berlino. Quando il Focke Wulf atterra sul campo d'aviazione vicino al quartier generale dell'Heeresgruppe Mitte la macchina della cospirazione si mette in moto: von Tresckow avverte von Schlabrendorff di preparare il pacchetto che dovrà essere imbarcato sull'aereo sfruttando l'ingenuità e la positiva disposizione di un ignaro ufficiale - la presenza nel seguito hitleriano di Brandt, che entrambi i congiurati conoscono, è propizia. Come al solito, anche in quel 13 marzo 1943 il Führer non è di buonumore e passa buona parte del tempo a criticare aspramente le decisioni di von Kluge e degli altri generali per poi abbandonarsi nei consueti insulti a tavola quando lui, vegetariano convinto, non solo obbliga i commensali a seguire la sua dieta ma li taccia di essere degli insensibili divoratori di cadaveri. Nessuno ovviamente osa profferire parola in quelle ore e lo stesso von Tresckow, cui comunque è risparmiata la consueta ramanzina, preferisce un basso profilo.
Poco dopo le 14 il Focke Wulf è pronto a decollare. Hitler dà le ultime disposizioni e si imbarca, seguito dagli ufficiali che hanno finora viaggiato con lui. In quel momento von Tresckow ed il suo aiutante approcciano Brandt con la cassetta di distillati e con la storia della scommessa persa con Stieff. Ironia della sorte, lo stesso Stieff è parte della Schwarze Kapelle ma non è stato informato del piano, forse per evitare fughe di notizie in una Berlino controllata a tappeto da SiPo e Gestapo. La cassetta di legno al cui interno giace il plastico è già armata al momento dell'imbarco, von Schlabrendorff ha avviato il detonatore pochi minuti prima di presentarsi sul campo d'aviazione: secondo i suoi calcoli, l'ordigno dovrebbe detonare nel giro di 30 minuti circa mentre si trova in volo verso Berlino. Qualcosa però va storto, la temperatura e la pressione nella stiva dell'aereo hanno congelato letteralmente il detonatore e la bomba non è esplosa consentendo all'aereo del Führer di atterrare sano e salvo a Berlino.
L'imprevisto obbligherà von Tresckow ad un precipitoso viaggio nella capitale per recuperare la cassetta, prima che Brandt la recapiti a Stieff svelando l'inganno. Una settimana più tardi, il 21 marzo 1943, con la scusa di una esposizione di materiale sovietico catturato dalle truppe di von Kluge, la Schwarze Kapelle ci riproverà con il tentativo suicida del colonnello Gersdorff: offertosi volontario, l'ufficiale nasconderà degli esplosivi nel proprio cappotto con l'intento di avvicinarsi a Hitler nel corso della mostra e farsi saltare in aria assieme a lui. Ancora una volta però un imprevisto cioè la rapidissima visita del dittatore renderà vano il tentativo, con Gersdorff costretto a disinnescare gli esplosivi pochi secondi prima dell'esplosione. Altri tentativi con zaini esplosivi, bombe nei serbatoi o agguati con la pistola si dimostreranno infruttivi o impossibili da attuare. La bomba al plastico contenuta nella cassetta di Cognac avrà comunque una seconda occasione per detonare: dovrà solo attendere più di un anno ed essere affidata ad un altro nobile, un colonnello che porta su di sé visibili ferite di guerra e che a prezzo della propria vita tenterà di porre fine alla guerra con un gesto di estremo eroismo. Henning von Tresckow non sopravvivrà alla guerra: dopo il fallimento del Piano Valchiria sceglierà di suicidarsi nella Terra di Nessuno con una granata anticarro, simulando un'imboscata dei partigiani russi per evitare alla sua famiglia le terribili rappresaglie del regime. Solo dopo alcune settimane il suo ruolo nella Schwarze Kapelle sarà definito ed il suo corpo verrà riesumato e bruciato a Sachsenhausen mentre la moglie ed i figli, pur imprigionati, potranno vedere con i loro occhi la fine della follia nazista. Fabian von Schlabrendorff eviterà la condanna a morte d'un soffio, emergendo ferito ma vivo dalle macerie del palazzo di Giustizia di Berlino bombardato dagli Americani nel pieno del suo processo e sarà liberato in val Pusteria il 5 maggio 1945.
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