Un infinito reticolato continentale
"Diamo il benvenuto alla Russia nel suo giusto posto tra le più grandi Nazioni del mondo. Siamo lieti di vederne la bandiera sui mari. Soprattutto, siamo lieti che abbiano luogo frequenti e sempre più intensi contatti tra il popolo russo e i nostri popoli. È tuttavia mio dovere prospettarvi determinate realtà dell'attuale situazione in Europa. Da Stettino nel Baltico a Trieste nell'Adriatico una cortina di ferro è scesa attraverso il continente. Dietro quella linea giacciono tutte le capitali dei vecchi stati dell'Europa Centrale e Orientale. Varsavia, Berlino, Praga, Vienna, Budapest, Belgrado, Bucarest e Sofia; tutte queste famose città e le popolazioni attorno a esse giacciono in quella che devo chiamare sfera sovietica e sono tutte soggette, in un modo o nell'altro, non solo all'influenza sovietica ma anche a un'altissima e in alcuni casi crescente forma di controllo da Mosca".
Sono parole destinate alla Storia, più che alla platea del Westminster College di Fulton, Missouri, quelle pronunciate il 5 marzo 1946 dall'ex primo ministro britannico Winston Churchill. L'esperto politico inglese intende mettere in guardia l'opinione pubblica nei confronti dell'ormai effettiva divisione bipolare del mondo utilizzando una locuzione, quella della "cortina di ferro", già adoperata quasi un anno prima in un telegramma rivolto al presidente Truman. La metafora di un enorme reticolato che separa Est ed Ovest, mondo socialista e mondo capitalista, Mosca e Washington, avrà successo e per i successivi quattro decenni dominerà la scena della politica mondiale determinando orientamenti e scelte strategiche.Churchill non lo ammetterà ma egli stesso era stato testimone della nascita degli embrioni della cortina. Quando nel novembre 1943 gli Alleati indicono una riunione a Teheran alla presenza di Stalin per dettare l'agenda del conflitto ancora in corso e per definire i progetti post bellici, tra il premier britannico ed il dittatore georgiano si sfiora l'incidente diplomatico in due occasioni. La prima riguarda una uscita assolutamente fuori luogo dell'inquilino del Cremlino che, durante una cena, propone di contenere una eventuale ripresa tedesca a mezzo fucilazioni di massa - in quel frangente sir Winston si alza disgustato dal tavolo, rincorso dallo staff diplomatico che cerca in ogni modo di ricomporre la frattura. La seconda situazione di attrito si verifica non in un momento conviviale ma alla scrivania, con Stalin che pretende immediate riparazioni di guerra da parte dell'Italia, da poco uscita dall'orbita dell'Asse, sotto forma di cessione di buona parte della flotta. Anche in questo caso Churchill si oppone, spalleggiato da Roosevelt, proponendo in cambio dei prestiti di vecchie navi inglesi ed americane per rimpolpare i ranghi della modesta Marina sovietica.Già dunque nel '43 Churchill ha potuto verificare le mire espansionistiche dell'Unione Sovietica. Che si confermano nella primavera del 1945 a Yalta: in quel caso è un tratto di pennarello su una cartina geografica a tracciare i confini delle sfere d'influenza. Ad Est e Sud (Grecia esclusa), predominio sovietico; oltre quella linea, spazio alla politica angloamericana. Nei fatti il conflitto con la Germania non si è ancora concluso ma il confronto tra blocchi contrapposti è già reale. La Grecia paga infatti a carissimo prezzo quel tracciato fatto col pennarello attraverso una spietata guerra civile. Il casus belli è rappresentato dall'intervento proprio dei britannici, sollecitato dallo stesso Churchill, a sostegno dell'esecutivo del socialdemocratico Georgios Papandreou che, con i tedeschi in rotta, ha varato un governo provvisorio di unità nazionale composto da monarchici, liberali, socialisti e comunisti. Questi ultimi però vedono le loro richieste politiche respinte al mittente ed il 3 dicembre 1944 organizzano una massiccia manifestazione pubblica per chiedere le dimissioni di Papandreou. La marcia pacifica si tramuta in una carneficina quando, sotto gli occhi dei britannici, i partigiani monarchici aprono il fuoco sui primi manifestanti che cercano di sfondare le linee dei soldati inglesi i quali a loro volta iniziano a sparare sulla folla. La caduta definitiva di Papandreou e la sua sostituzione con l'intransigente generale Plastiras che pone condizioni ancor più drastiche per il disarmo delle formazioni partigiane comuniste fa deflagrare il conflitto interno in cui però l'URSS non interviene direttamente. Dal 1946 al 1949 il Paese ellenico sarà divorato da una guerra fratricida con la sparizione di migliaia di bambini, inviati in Jugoslavia e Bulgaria dai comunisti dell'ELAS o sul fronte opposto sottratti alle famiglie partigiane ed affidati in adozione a famiglie americane. Quella cortina di ferro che corre dal Baltico a Trieste quindi manifesta i suoi primi, nefasti effetti nel Mediterraneo. Appena due mesi dopo il discorso di Fulton, due incrociatori della Royal Navy in servizio di pattugliamento per verificare la rimozione delle mine navali tedesche finiscono nel mirino delle batterie costiere albanesi, armate con materiale preda bellica e dirette da personale sovietico. E' solo il primo di una serie di incidenti nella zona del canale di Corfù che porteranno alla rottura delle relazioni diplomatiche tra l'Albania e la Gran Bretagna nell'ambito di uno scontro sempre più frontale ed affatto nascosto tra i due blocchi contrapposti. A scaldare in maniera definitiva l'atmosfera della guerra fredda sarà il blocco di Berlino ovvero la decisione dei sovietici di impedire all'ex capitale del Reich il contatto terrestre col mondo esterno nell'ambito di una delicatissima trattativa sul futuro assetto della città e della stessa Germania in fase di ricostruzione sociale ed economica. Il blocco, risolto dopo un lungo braccio di ferro e bypassato da un gigantesco ponte aereo di preziosi rifornimenti, porterà alla nascita di opposti meccanismi di mutua difesa, NATO e Patto di Varsavia.
Commenti
Posta un commento