Un'oasi e la sua leggenda

"Colonnello non voglio il pane/dammi il piombo pel mio moschetto/c'è la terra del mio sacchetto/che per oggi mi basterà". Il motivetto ritmato, ricordato ancora oggi dai più anziani ed inserito dal regista Dino Risi anche in una scena conclusiva del suo film "In nome del popolo italiano", diviene famoso nell'Italia del secondo conflitto mondiale: a metà tra canzone popolare e manifesto propagandistico, racconta una storia incredibile di resistenza, sacrificio e di quell'arte di arrangiarsi di cui da tempo immemore il soldato tricolore è campione indiscusso. E' la storia un po' mitizzata di un ridotto nel deserto che per tre mesi resiste al nemico a dispetto di una evidente disparità di forze e di mezzi. E' la storia di un comandante e del suo difficilissimo compito in un terreno aspro ed ostile. E' la storia dell'assedio di Giarabub.

Il colonnello che è nominato sette volte nella canzone nella realtà storica è un maggiore, si chiama Salvatore Castagna ed è originario di Caltagirone. Militare di professione, ha ottenuto promozioni ed encomi durante la Grande Guerra in cui si è distinto sul Carso e sul Monte Grappa, dove ha rimediato una ferita alla testa pochi giorni prima della vittoria decisiva. Terminato il servizio in patria, invece di congedarsi opta per un prosieguo di carriera a livello coloniale, partecipando alla riconquista della Tripolitania per fermarsi infine come comandante di presidio in Cirenaica. Castagna è energico, spigliato, deciso, tutte doti che piacciono moltissimo ai suoi sottoposti. Di più, sa come rivolgersi tanto ai nazionali quanto ai libici che integrano le fila delle sue truppe: nessun atteggiamento superiore o razzista e forse anche per questo non gode di grande stima tra i capoccia del regime.

La dichiarazione di guerra di Mussolini sorprende Castagna nell'oasi di Giarabub, un gruppetto di case imbiancate ed una moschea nel deserto a sud della Cirenaica, ai limiti del grande mare di dune che porta all'oasi di Kufra. La leggenda dice che Giarabub sia stata scoperta da un pellegrino musulmano che vagava nel deserto e fu salvato da un'apparizione mistica del Profeta che gli avrebbe indicato una fonte salvifica; in realtà l'oasi è un luogo affatto salubre, immersa in una depressione salina e circondata da zone rocciose e sabbiose. Un paradiso per le malattie tropicali e non solo - l'acqua della fonte è ritenuta potabile solo dopo una lunga bollitura, le sabbie sono infestate da vipere cornute e la possibilità di contrarre la malaria è piuttosto alta - ma anche un caposaldo di confine da difendere ad ogni costo, poiché Giarabub dista una sessantina di chilometri dal confine egiziano. Le forze a disposizione di Castagna sono alquanto deboli e contano su circa duemila uomini, in maggioranza italiani con una grossa componente libica di rinforzo, pochi pezzi anticarro, alcuni cannoni da campagna risalenti alla Grande Guerra, nessun mezzo blindato ed un pugno di veicoli su gomma adattati al deserto. Ci sarebbe anche una pista d'aviazione ma nessun aereo è di base a Giarabub e la Regia Aeronautica si limita a manifestarsi per qualche occasionale volo di rifornimento.

Per i primi mesi di guerra Castagna si limita alla routine, organizza le colonne di pattugliamento e di collegamento con i fortilizi a nord (Maddalena e Capuzzo), risistema le difese attraverso un complesso di ridotti trincerati muniti di mitragliatrici e cannoni da 47mm, raccoglie le poche informazioni che lo scenario offre. Si viene a sapere che gli inglesi, inferiori in numero ma più sagaci, hanno sfruttato gli ampi spazi del deserto per inaugurare un nuovo tipo di guerra, quella di corsa: con poche autoblindo e qualche carro leggero i britannici hanno scatenato il panico nelle ridotte Maddalena e Capuzzo facendo fuggire le guarnigioni salvo poi rientrare nelle loro basi in Egitto. Il nuovo comandante dello scacchiere è il maresciallo Graziani - subentrato a Balbo dopo che questi è stato abbattuto sopra Tobruk - e non pare aver troppa voglia di combattere tanto che solo dopo lunghe insistenze da Roma si decide a muovere la sua armata portandola oltre il confine, a Sidi el Barrani, dove si trincera disponendo la costruzione di una strada e di un acquedotto. Peccato che a raccogliere i frutti della fatica italiana abbeverandosi alla condotta idrica appena realizzata siano gli inglesi che ad inizio dicembre del 1940 distruggono tanto l'armata quanto i nervi del generale ciociaro che fugge all'impazzata verso Ovest con quel che resta delle sue divisioni.

Castagna capisce che la situazione è mutata al peggio quando l'11 dicembre forze australiane saggiano la preparazione di uno dei fortini periferici del sistema difensivo di Giarabub, a Garn-el-Grein: il primo attacco è respinto ma pochi giorni dopo Maddalena e Capuzzo cadono nuovamente in mano Alleata, isolando l'oasi che da quel momento in avanti dovrà contare sulle sue forze per difendersi in autonomia. Castagna fa l'inventario di armi, munizioni, cibo, acqua potabile, carburante e zucchero. Già, lo zucchero: i libici sono ottimi elementi, combattivi, a volte persino più disciplinati e determinati dei nazionali, ma come annota lo stesso ufficiale nel proprio diario il timore diffuso è che senza la razione di the quotidiana la loro fedeltà al Tricolore possa scemare. La situazione è drammatica specie per l'artiglieria e per i veicoli che sono pochi, inadatti al deserto e così rumorosi da allertare le pattuglie australiane ancor prima di uscire dalla piazzaforte. Occorrerà fare di necessità virtù, inventandosi nuovi modi per garantire il controllo del territorio e la difesa. Un esempio viene da una pattuglia libica che una mattina avvista al di là di una duna sabbiosa una autoblindo inglese: all'ordine del bulucbasci (il graduato coloniale) i libici corrono verso il veicolo e con le mani nude lo rovesciano, catturando gli occupanti.

I vari episodi di valore contano poco, l'oasi a poco a poco è accerchiata. Castagna prova ugualmente a rompere parte dell'assedio spedendo qualche pattuglia in ricognizione ma senza ottenere granché. Dall'altra parte anche il comando libico si rende conto dell'impossibilità di garantire rifornimenti costanti al presidio nel deserto, criticità confermata dalla distruzione di un convoglio logistico da parte della RAF. L'ultimo atterraggio della Regia Aeronautica a Giarabub porta la data del 4 gennaio 1941, cinque giorni dopo l'artiglieria australiana batte il campo d'aviazione distruggendo l'unico aereo da trasporto presente e pure la pista e l'artiglieria di protezione. Il presidio ora non potrà più evacuare nessuno né ricevere rinforzi e l'unica speranza è riservata ai rari lanci di casse col paracadute, sperando che viveri e munizioni non finiscano in mano al nemico.

La situazione peggiora di settimana in settimana. I civili residenti a Giarabub patiscono la fame nonostante le truppe dividano con loro il cibo razionato, mentre dal perimetro esterno l'artiglieria australiana con cadenza periodica si manifesta con i soliti cannoneggiamenti che servono a fiaccare il morale più che a riempire l'infermeria da campo - le detonazioni dei proiettili nella sabbia provocano spavento e stress ma pochissimi feriti e nessun morto. L'unica forza democratica è il ghibli, il terribile vento del deserto che quando si alza improvviso avvolge tutto con la sabbia che penetrano ovunque, obbligando attaccanti ed assediati a riposi non previsti. Proprio il ghibli obbliga gli Alleati a rivedere in un paio di occasioni i piani offensivi, rinviando il confronto decisivo con gli italiani.

Ai primi di marzo del 1941 la medesima notizia giunge sia a Castagna che agli australiani, è un messaggio di speranza da una parte e di stimolo a chiudere in fretta la pratica Giarabub dall'altra. "Resistete, presto saremo da voi": la firma è di un generale tedesco ancora sconosciuto ai più di nome Erwin Rommel, appena sbarcato in Tripolitania con le avanguardie della 5a Divisione Leggera tedesca. Rommel sa che dovrà attendere il grosso delle forze che Hitler gli ha concesso per la campagna d'Africa ma smania per dar battaglia agli inglesi che si sono notevolmente indeboliti, avendo spedito buona parte di truppa e materiali in Grecia. L'offensiva è fissata per fine marzo, quindi se Castagna dovrà chiedere uno sforzo ulteriore di un mese ai suoi difensori, gli australiani capiscono che il tempo degli indugi è terminato. Un ricognitore inglese ha fotografato un mezzo cingolato tedesco nei pressi di Misurata, quindi le parole di Rommel acquistano un significato preciso.

Il 21 marzo 1941 all'alba gli Alleati passano all'offensiva, spedendo in avanti le avanguardie e martellando le postazioni italiane con l'artiglieria. L'obiettivo iniziale sono le colline che sovrastano la depressione di Giarabub, tutte difese da reparti misti italo-libici. Si combatte in maniera confusa, disperata, a volte con baionetta e bombe a mano, da Garn-el-Grein alla Gara del Diavolo non c'è pietà che tenga. Per quattro ore il corpo a corpo è un vero massacro, l'ultimo ridotto italiano (quello di Egbert che spara fino ad esaurire ogni tipo di munizione) è conquistato alle 9 del mattino e da quel momento in avanti gli australiani hanno la strada spianata verso il centro dell'oasi. L'ultimo ostacolo è un campo minato che riesce solo a rallentare le forze attaccanti per un'ora, il tempo che occorre ai guastatori per aprire un varco, poi fanterie e autoblinde possono irrompere nella piazzaforte. Alle 11 da uno dei fortilizi emerge un ufficiale, ferito da una scheggia alla testa e bendato alla bell'e meglio, mani alzate in segno di resa: è Castagna, promosso solo pochi giorni prima tenente colonnello. Alle 14:30 la battaglia è finita, con il presidio Marcucci che brucia la bandiera italiana dopo averla ammainata a dispetto delle scariche di fucileria degli australiani. Per il coraggio mostrato in combattimento Castagna ed i superstiti si guadagnano l'onore delle armi in una breve cerimonia che è l'anticamera della lunga prigionia. Il bilancio della battaglia conclusiva è di oltre 500 tra morti e feriti e 1300 prigionieri da parte italiana; gli Alleati annoverano 17 caduti e 77 feriti. Il giorno dopo l'oasi è evacuata, il 31 marzo a Marsa-el-Brega inizierà la risalita-lampo della Cirenaica da parte di Rommel.

Per Salvatore Castagna si apre un lungo capitolo. Prima l'ospedale militare in Palestina, poi cinque anni di campo d'internamento a Bombay. Rientrerà a casa solamente il 23 novembre 1946 per scoprire che i suoi genitori sono morti credendolo scomparso in guerra e che tutta Italia lo venera come un mito, con tanto di canzone e di film celebrativo. Per natura schivo e riservato, Castagna eviterà la notorietà chiudendo la carriera militare nel ricostituito Esercito Italiano col grado di generale di divisione riservando la memoria di quanto avvenuto a Giarabub in un libro privo di retorica, asciutto, lucido, critico nei confronti delle assurdità della guerra e della nota impreparazione militare. L'eroe di Giarabub si spegnerà al Celio il 3 febbraio 1977, assistito dal figlio Riccardo lasciando l'eredità di una leggendaria difesa nel deserto.

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