Operazione-fiasco

Lo scheletro carbonizzato di un C-130 e di un elicottero Sea Stallion, anneriti dall'esplosione in pieno deserto; in lontananza un'autocisterna sventrata e sul terreno altri quattro elicotteri intatti. E' tutto quel che resta di una operazione di salvataggio tanto ambiziosa quanto costellata di errori di preparazione, imbastita per risolvere una crisi internazionale e conclusa nel più cocente dei fallimenti, documentato nei giorni successivi con fotografie e riprese televisive a certificare uno smacco epocale, anticamera di una sfiducia politica così rapida da influire direttamente su una elezione presidenziale.

Il 24 aprile 1980 sembra tutto pronto per avviare l'Operazione Eagle Claw ("Artiglio d'Aquila"), il piano concertato dalle forze speciali USA per concludere in maniera risolutiva la questione degli ostaggi detenuti nell'ormai ex ambasciata statunitense a Teheran. Sono ormai quasi sei mesi che il personale diplomatico è prigioniero della struttura, catturato dagli studenti islamici che hanno fatto irruzione il precedente 4 novembre al culmine di una manifestazione di protesta. Quello che doveva soltanto essere un moto spontaneo di piazza volto a chiedere agli USA la consegna dello Scià, scappato dal Paese subito prima del culminare della Rivoluzione Islamica e malato terminale di cancro, si era trasformato in una vera e propria invasione e cinquantadue persone tra personale diplomatico, comuni impiegati e forze di difesa dell'ambasciata si erano tramutati in ostaggi nel breve volgere di poche ore. Solo sei americani erano riusciti a fuggire da un'uscita secondaria, rifugiandosi a casa dell'ambasciatore canadese ed ottenendo due mesi dopo la possibilità di scappare grazie a documenti diplomatici appositamente concessi da Ottawa.

La crisi degli ostaggi era divenuta una vera ossessione per parte dell'amministrazione Carter, al suo ultimo anno di attività prima delle elezioni del novembre 1980. Già due giorni dopo l'assalto all'ambasciata a Washington erano iniziati gli studi per pianificare una missione di salvataggio. I vari progetti erano stati via via presentati, discussi, a volte bocciati per impraticabilità o aggiornati in vista di ulteriori discussioni in seno al National Security Council: strenuo oppositore della linea dell'intervento, il Segretario di Stato Cyrus Vance aveva provato in ogni modo ad esercitare pressioni di tipo diplomatico per una risoluzione pacifica della crisi ma senza trovare riscontri pratici ed inducendo infine il presidente Jimmy Carter a rompere le relazioni diplomatiche il 7 aprile 1980. In assenza di Vance, che dopo settimane di tensione aveva optato per un weekend di relax in Florida, era stato il Consigliere per la sicurezza nazionale Zbigniew Brzezinski ad assumere l'iniziativa, spingendo per un intervento militare risolutivo ed ottenendo infine il placet presidenziale, tanto che Vance rientrando a Washington aveva dovuto piegarsi alla sterzata approvata dallo stesso Carter.

Eagle Claw, questo il nome dell'operazione prevista per il 24 aprile, dovrebbe essere inizialmente accompagnata da un raid aereo che azzeri la capacità di reazione dell'aeronautica iraniana, in buona parte ancora impossibilitata a reagire dopo che la Rivoluzione ha spazzato via buona parte della vecchia struttura militare, con i jet forniti proprio dagli Stati Uniti che iniziano a lamentare la mancanza di una manutenzione costante. Proprio queste circostanze oltre alla necessità di non rendere troppo vistoso l'intervento militare fanno optare per l'archiviazione del bombardamento degli aeroporti militari giusto 24 ore prima dell'avvio di Eagle Claw, attorno alla quale c'è parecchio ottimismo. Forse troppo.

Il piano studiato dalle Forze Armate prevede il coinvolgimento di unità d'elite vale a dire la Delta Force di base a Fort Bragg e i Navy Seals della Marina. Secondo il progetto iniziale, le squadre di incursori a bordo dei Sea Stallion partiti dalla portaerei "Nimitz" che incrocia nell'Oceano Indiano dovranno entrare in Iran stabilendo una base logistica di rifornimento denominata "Desert One" nel sud del Paese, dove troveranno due C-130 per procedere al rifornimento dei velivoli; da lì, gli elicotteri si sposteranno a "Desert Two", una seconda base d'appoggio al di fuori di Teheran dove una squadra della CIA metterà a disposizione della Delta un gruppo di veicoli civili con cui entrare nella capitale ed assaltare l'ambasciata. Eliminate le guardie, incursori ed ostaggi si raduneranno nel vicino stadio per essere prelevati dai Sea Stallion che li condurranno ad una base aerea nelle vicinanze il cui controllo verrà assunto da una aliquota dei ranger delle Forze di Sicurezza. Da qui un aereo da trasporto caricherà ostaggi, Delta e ranger per trasportarli al sicuro a Inçirlik, in Turchia.

Poco dopo la mezzanotte del 24 aprile, con espressa autorizzazione di Carter, Eagle Claw prende il via. Poco dopo l'inizio delle operazioni però si verificano i primi imprevisti: una forte tempesta di sabbia e polvere si abbatte sulla zona provocando dei guasti a due degli otto Sea Stallion - uno di questi è costretto ad un atterraggio d'emergenza e viene abbandonato dall'equipaggio, l'altro torna faticosamente indietro. Raggiunto al buio il punto "Desert One", il gruppo di sei elicotteri superstiti deve registrare un'altra defezione giacché un altro Sea Stallion accusa un guasto all'impianto idraulico. Già in queste condizioni la missione diviene quasi impossibile da completare, visto che i piani richiedono l'utilizzo di almeno sei elicotteri; ciò nonostante la Delta Force insiste per continuare ed alla luce delle fotoelettriche mette in sicurezza il perimetro dell'improvvisata base costituita in mezzo al deserto, sfruttando l'unica strada asfaltata presente come pista d'atterraggio per i C-130.

Le operazioni di rifornimento sono appena iniziate quando all'orizzonte appare un veicolo pesante, un'autocisterna condotta da un iraniano. Non è un militare, né un miliziano pasdaran, ma solo un contrabbandiere di petrolio che sta portando il suo prezioso carico di gasolio a destinazione. Alla vista di un presidio di uomini armati il guidatore è preso dal panico, teme che sia un posto di blocco dell'esercito e tenta la fuga in maniera goffa ed impacciata; i militari statunitensi allo stesso modo sono colti alla sprovvista, credono che quel camionista possa dare l'allarme e pregiudicare l'intera operazione, così sparano con dei lanciarazzi in direzione dell'autocisterna che, colpita, si incendia. Le fiamme che divampano dal veicolo illuminano a giorno la vallata. Prima che l'alba faccia capolino tra le dune è evidente a tutti che la missione ormai è impraticabile: a Washington le notizie delle difficoltà incontrate dalla task force hanno indotto lo staff presidenziale ad annullare il prosieguo, intimando il rientro al personale. A quel punto l'unico cosa rimasta da fare è evacuare "Desert One" facendo ripartire aerei ed elicotteri: nel pieno delle operazioni i piloti di uno dei Sea Stallion però sbagliano manovra, forse a causa della fretta oppure per una errata segnalazione, portando il loro velivolo a scontrarsi con uno dei C-130 scatenando una terribile esplosione. Nell'inferno di fuoco muoiono i tre piloti dell'aereo da trasporto e cinque degli occupanti dell'elicottero mentre altri quattro militari a bordo di quello che era il Sea Stallion vengono estratti dai rottami con gravi ustioni. Il personale rimanente a quel punto decide di abbandonare tutti e quattro i Sea Stallion superstiti senza però farli saltare in aria, per timore di non riuscire a controllare le esplosioni visto il grosso quantitativo di munizioni a bordo, salendo sull'ultimo C-130 per tornare a casa.

Eagle Claw è un clamoroso fiasco, il peggiore riscontrato dalle Forze Speciali statunitensi. Nei giorni successivi, mentre il team CIA a Teheran lascia di soppiatto il Paese, la propaganda iraniana riprende le scene della devastazione a "Desert One" ed amplifica mediaticamente le proporzioni del disastro. L'ayatollah Khomeini parla di "angeli di Dio" che avrebbero impedito agli americani di arrecare un danno alla nazione mentre gli ostaggi vengono spostati dal seminterrato dell'ambasciata e dislocati in diverse basi militari per scoraggiare eventuali altri tentativi di salvataggio. Negli USA la resa dei conti porta alle dimissioni dell'ammiraglio Holloway cui un'inchiesta addebita diversi errori di pianificazione mentre per ovviare alle carenze addestrative degli elicotteristi si inizia a pensare alla nascita di un nuovo reparto quello dei Night Stalkers, il 160° SOAR che vivrà il suo battesimo del fuoco tre anni dopo a Grenada. Il fallimento di Eagle Claw costituisce soprattutto un danno enorme al prestigio politico americano ed il maggiore responsabile del fiasco è identificato dall'opinione pubblica nello stesso Jimmy Carter la cui popolarità crolla. Per trovare una soluzione definitiva alla crisi verrà affidato apposito mandato al vice Segretario di Stato Warren Christopher che, appoggiandosi ad alcuni Paesi arabi moderati, riuscirà a concludere un accordo di rilascio in cambio dello sblocco delle disponibilità bancarie iraniane all'estero. Khomeini non rinuncerà comunque ad ultimo schiaffo al Presidente Nocciolina: gli ostaggi verranno consegnati all'ambasciata algerina a Teheran soltanto nel pomeriggio del 20 gennaio 1981, vale a dire poche ore dopo che Ronald Reagan si sarà insediato alla presidenza sostituendo proprio Carter.

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