Caccia al mostro d'acciaio

"Dove diavolo sarà finita?". Una domanda che tutti noi ci siamo posti almeno una volta nella vita, accorgendoci di non riuscire a trovare qualcosa. La stessa domanda se la pose alla mattina del 26 maggio 1941 l'ammiraglio John Cronyn Tovey, al comando della Home Fleet britannica, che dall'alba del 24 maggio dava la caccia alla "Bismarck" dopo che questa, nella battaglia dello stretto di Danimarca, aveva affondato lo "Hood". Dove diamine si era cacciato quel mostro di metallo?

Facciamo un deciso passo indietro nel passato. La disputa navale tra Gran Bretagna e Germania risale ad inizio '900 quando i piani espansionistici del Kaiser Wilhelm II (ironicamente cugino di George V e col diritto di vestire l'uniforme dell'Ammiragliato della Royal Navy) si trasferiscono sul mare. Il guanto di sfida lanciato dalla Germania imperiale alla storica dominatrice degli oceani, la vecchia Inghilterra, è possente: sotto la guida di Alfred von Tirpitz viene realizzata la Hochseeflotte, una possente e moderna flotta da battaglia in grado di rivaleggiare con la Royal Navy. Durante la Grande Guerra le due Marine si confrontano nell'epico scontro dello Jutland per poi concludere la sfida in modo amaro, nei porti ed ai tavoli di contrattazione - la flotta tedesca, internata a Scapa Flow in attesa di definire le condizioni di pace, si autoaffonda.

A Versailles le Potenze vincitrici privano la Germania sconfitta di moltissime armi e la nuova Reichsmarine è una sorta di forza di autodifesa basata su poche navi concettualmente vecchie ed una piccola aliquota di naviglio minore, senza sommergibili. I trattati successivi limitano fortemente qualunque pretesa di riarmo tedesca. Eppure nel 1931 la Repubblica di Weimar presenta al mondo la prima delle sue Panzerschiffe, subito ribattezzata "corazzata tascabile": è la "Deutschland", una nave che pur rispettando tutte le condizioni imposte da Inglesi e Francesi rappresenta una svolta in senso offensivo. L'ascesa al potere di Hitler due anni dopo cambia ulteriormente le carte in tavola: il dittatore, pure ritenendo la Marina meno importante di Esercito ed Aviazione, asseconda comunque i piani di riarmo di Erich Raeder. Dunque assieme alla ricostituzione dell'arma subacquea, ecco pianificate le nuove classi "Hipper" (incrociatori pesanti), "Scharnhorst" (incrociatori da battaglia), "Bismarck" (navi da battaglia) e persino una portaerei, la "Graf Zeppelin" che però non vedrà mai il mare aperto.

La "Bismarck" viene costruita in tre anni e mezzo ed allo scoppio delle ostilità in Europa è quasi pronta. Tutti la definiscono subito come un gioiello, potente, ben armata, resistente, veloce. Per la Royal Navy che conta su un'indubbia forza numerica frutto però di molte vecchie navi rimodernate è subito un incubo. La Kriegsmarine tedesca è conscia del proprio stato di inferiorità sul piano del confronto nei numeri e nel tonnellaggio, quindi predilige immediatamente una guerra corsara: le corazzate tascabili, gli incrociatori da battaglia, i sommergibili, persino i mercantili armati e trasformati in incrociatori ausiliari colpiscono duramente il traffico commerciale Alleato. Fino almeno a dicembre 1939 quando la "Graf Spee" (classe "Deuschtland") viene stanata da uno squadrone britannico e costretta alla fine ad autoaffondarsi davanti a Montevideo.

Nella primavera 1941 l'ammiragliato tedesco vuole sfruttare quella potentissima nave che ormai è pronta. L'idea di Raeder, condivisa dal contrammiraglio Günther Lütjens che issa la propria insegna proprio sulla "Bismarck", è spedire la corazzata nell'Atlantico per dare la caccia ai convogli che dagli USA portano rifornimenti all'Inghilterra sotto assedio. Gli inglesi vengono informati dalla resistenza norvegese, ma non conoscono ancora la precisa rotta che sarà seguita dalla nave e dal "Prinz Eugen" che la scorterà. La "Bismarck" molla gli ormeggi il 21 maggio dal porto di Bergen e si dirige verso ovest: sulle sue tracce si mettono varie task force della Royal Navy, compresa una squadra composta dallo "Hood", la più grande nave britannica orgoglio dei marinai di Sua Maestà, e dalla moderna "Prince of Wales". La ricerca della coppia di navi tedesche dura due giorni finché nella notte tra il 23 ed il 24 maggio avviene il contatto: "Hood" e "Prince of Wales" scorgono sul radar le sagome della coppia avversaria ed alle 5:30 del mattino ingaggiano battaglia. L'ammiraglio Holland, a capo della squadra inglese, commette però due errori: il primo è scambiare il "Prinz Eugen" per la più grossa e potente corazzata; il secondo, gravissimo, è disporre la sua squadra con lo "Hood" in testa confidando sulla maggiore potenza dei suoi cannoni (da 381mm rispetto ai 356mm della "Prince of Wales"). Tutto si svolge in pochi minuti: le navi inglesi inquadrano l'incrociatore tedesco ma non riescono a colpirlo, così la "Bismarck" è libera di prendere la mira e poco prima delle 6 manda a segno il colpo che firma la fine dello "Hood". Un proietto perforante da 380mm sfonda il ponte di coperta, entra nei depositi di munizioni dei grossi calibri ed esplode: la colonna di fuoco che si alza sul mare è impressionante e cinque minuti dopo la nave è già scomparsa nel gelido oceano lasciando appena 3 sopravvissuti degli oltre 1400 uomini a bordo. I marinai inglesi sono scioccati mentre Lütjens ne approfitta per prendere di mira l'altra corazzata: una salva da 380mm penetra nella plancia inglese ed esplode all'uscita dal torrione, si contano morti e feriti tanto che il sangue cola dai boccaporti nella sottostante sala nautica. La "Prince of Wales" rompe il contatto, si trincera dietro una cortina fumogena e si ritira, mandando avanti i cacciatorpediniere di scorta per un attacco coi siluri che si rivela infruttuoso.

Per la Royal Navy quella che passerà alla storia come battaglia dello Stretto di Danimarca è uno smacco epocale. Tovey ordina subito di dirottare quante più navi possibili, anche sottraendole alla scorta dei convogli, per dare la caccia al mostro d'acciaio che ha affondato lo "Hood". Mostro che nel frattempo pare scomparso nel nulla. Per quasi due giorni navi ed aerei gli danno la caccia ma non se ne trova traccia. E dire che in realtà la "Bismarck" non è immune da danni (perde nafta da un serbatoio, viaggia a velocità ridotta) ed è pure stata lasciata sola dalla sua scorta che si è staccata per rifornire. Lütjens sa benissimo che ci sono solo tre possibilità di rientro: scarta quella verso Kiel perché passerebbe talmente vicino a Scapa Flow da finire nella bocca spalancata del nemico; non si fida a ripercorrere la rotta verso la Norvegia temendo una trappola britannica prima di rivedere la costa frastagliata di Bergen; opta dunque per un'ampia traiettoria a curva verso la Bretagna, verso Brest, tanto da contattare via radio il comando per far predisporre l'approdo in rada. Servono da 2 a 3 giorni di navigazione per raggiungere l'obiettivo e chiudere la crociera: saranno troppi.

Alle 10:30 del 26 maggio un idrovolante britannico scorge la corazzata, è a meno di 700 miglia da Brest, è in mare aperto. Da quel momento tutte le navi britanniche dirigono sul punto come cani da caccia sulla lepre ferita. Tovey ordina agli aerosiluranti di colpire la "Bismarck", fermarne la corsa in attesa dell'arrivo del grosso della flotta: i primi attacchi sono infruttuosi (addirittura uno prende di mira una nave alleata, lo "Sheffield", scambiata per il nemico), ma l'ultimo, in serata, va a segno. Uno dei siluri lanciati blocca il timone del mostro che può ancora muoversi ma non può manovrare. Lütjens le prova tutte, diversifica il movimento delle eliche, riduce la velocità, spedisce i sub in acqua per provare a risolvere la situazione. Niente da fare, il timone è bloccato. In quel momento l'ammiraglio tedesco capisce che la sorte della nave è segnata, Brest è irraggiungibile in quelle condizioni. Per tutta la notte la "Bismarck" si difende dagli assalti dei cacciatorpediniere inglesi che provano ad ingaggiarla con le artiglierie e con i siluri, senza subire grandi danni. Appena spunta il sole però è la fine: arrivano la "King George V" e la "Rodney" ed iniziano a tempestare la nave avversaria, ormai ferma, di proiettili. In venti minuti i 406mm della "Rodney" devastano le direzioni di tiro della corazzata germanica, poi mettono a tacere le torri prodiere ed infine anche quelle di poppa smettono di sparare. E' la fine. Senza più possibilità di difendersi, la "Bismarck" è un bersaglio inerte e per un'ora riceve i colpi avversari. Lütjens non c'è più: si è chiuso in cabina e si è tolto la vita. Il capitano della nave, Lindemann, ordina di abbandonare il vascello. Alle 10:36 l'ultimo atto: con alcune scialuppe già in mare e diversi marinai che si sono già gettati in acqua, la corazzata si inabissa rapidamente di prora, mostra le eliche al nemico, la bandiera di guerra scompare tra i flutti. Il suo relitto verrà scoperto 38 anni dopo, ad oltre 4mila metri di profondità: è un cimitero di guerra, vi riposano circa 2mila marinai in un gelido feretro.

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