La notte degli "idraulici"

Il metronotte è uno dei ruoli lavorativi più bistrattati. Orari notturni, riposi sfalsati, rischi evidenti sono solo alcuni degli aspetti di un mestiere ingrato. Eppure nemmeno i metronotte sfuggono alla storia come protagonisti attivi e come attori fondamentali della commedia umana. Lo dimostra il caso di Frank Willis che nel 1972 è uno dei guardiani notturni di un complesso di uffici a Washington. Nella notte tra il 16 ed il 17 giugno Willis, torcia elettrica in pugno, sta ispezionando come al solito i corridoi dei vari piani e le rampe delle scale di un grande complesso che racchiude uffici, un centro commerciale ed un rinomato hotel. Il suo giro di routine non è nemmeno a metà quando nota del nastro adesivo su una porta che collega la tromba delle scale al parcheggio sotterraneo. Inizialmente pensa che si tratti di una dimenticanza delle donne delle pulizie, quindi con noncuranza rimuove quel pezzo di scotch che tiene socchiusa la porta. Il tempo di fare un altro giro del complesso ed il nastro torna sulla porta. Willis capisce che qualcosa non va, potrebbero esserci dei ladri e chiama il 911. In pochi minuti i poliziotti scoprono una squadra di cinque uomini al sesto piano dell'edificio intenti ad armeggiare con dei telefoni fissi. Scattano le manette, i cinque vengono portati in guardina. Willis non lo sa ma la sua scoperta casuale ha scatenato una delle peggiori bufere politiche della storia americana.

I cinque infatti non sono dei ladri ma un gruppo di tecnici incaricati dal comitato per la rielezione del presidente Richard Nixon di spiare le attività del comitato nazionale del Partito Democratico. Per questo motivo avevano piazzato delle microspie negli uffici del Comitato, al sesto piano del Watergate Complex. Quando un paio delle cimici avevano smesso di funzionare, forse per un cortocircuito, la squadra era entrata in azione per la riparazione e la sostituzione. L'idea dello spionaggio era stata di Gordon Liddy, ex funzionario dell'FBI ed estremista di destra, da tempo nell'entourage di Richard Nixon alla Casa Bianca. Il piano, denominato "Operazione Gemstone", era stato approvato col beneplacito dei consiglieri del presidente, nonostante si trattasse palesemente di una iniziativa illegale. Più di qualcuno non riesce a capire per quale motivo spiare i democratici: nonostante i giovani lo detestino ed i liberali lo chiamino Tricky Dicky ("Dick l'imbroglione"), Nixon vanta una sufficiente popolarità per ottenere agevolmente la rielezione nell'autunno 1972. Quello che nessuno sa è che il presidente è affetto da paranoie, vede complotti ovunque, non si fida di nessuno. Arriva persino a registrare non solo le telefonate ma anche le conversazioni che avvengono nello Studio Ovale, all'insaputa di molti suoi interlocutori e di diversi membri della sua squadra di governo.

Quando i suoi scagnozzi finiscono al fresco, Liddy si sente mancare la terra sotto i piedi. Tempesta di telefonate i capi del comitato per la rielezione, arriva persino a chiamare il segretario alla Giustizia Kleindienst per chiedere un intervento diretto al fine di far scarcerare il capo della squadra dei cosiddetti "idraulici", James McCord, che dopo aver dichiarato agli agenti di polizia di essere un ex dipendente della CIA ha ammesso di avere un regolare lavoro come capo della sicurezza del comitato elettorale repubblicano. Il disastro è di ampie proporzioni e Liddy sa benissimo che uno scandalo del genere può aprirgli le porte di una prigione federale per molti anni. La Casa Bianca minimizza e per qualche mese l'opinione pubblica non bada alle accuse mosse ai cinque del Watergate e crede all'estraneità di Nixon che ottiene un secondo mandato.

A non credere alle parole del portavoce presidenziale sono due cronisti del "Washington Post". Si chiamano Bob Woodward e Carl Bernstein. Sono due persone in gamba, sanno fare il loro mestiere dannatamente bene e hanno solidi agganci. Le loro fonti riservate si trovano all'interno dell'FBI ed è proprio una di queste, nome in codice Gola Profonda (in realtà si tratta del vicedirettore Mark Felt), a metterli sulla buona strada: Woodward e Bernstein vengono informati dell'esistenza dei nastri delle conversazioni alla Casa Bianca, prova che il presidente ed il suo staff conoscono benissimo quanto accaduto al Watergate. Di più: l'autorizzazione all'effrazione è arrivata da lì. E' abbastanza per imbastire una campagna di stampa che scuote le fondamenta della democrazia americana.

L'8 gennaio 1973 si apre il processo agli scassinatori del Watergate ed ai loro capi, Liddy ed il suo braccio destro Howard Hunt. Vengono tutti condannati per cospirazione, furto con scasso e spionaggio. Nixon non sa ancora che quello sarà solo l'inizio di un calvario. Nei mesi successivi il Congresso apre le indagini per appurare la verità sul caso del Watergate, le udienze della commissione d'inchiesta vengono riprese dalle telecamere delle principali emittenti nazionali e la popolarità del presidente subisce un tracollo. Anche perché Nixon non sa più come difendersi: prima rifiuta di produrre i nastri registrati appellandosi al privilegio dell'esecutivo, poi tenta in ogni modo di far licenziare il procuratore speciale Archibald Cox. Il nuovo procuratore che si insedia a novembre del '73 non è però meno tenace del predecessore ed intima al presidente di fornire tutto il materiale in suo possesso. Quando uno dei nastri risulta smagnetizzato per buona parte della registrazione, la giustificazione fornita dallo staff di Nixon non regge. Il colpo di grazia arriva dalla Corte Suprema che respinge la pretesa del presidente di appellarsi al privilegio dell'esecutivo e ribadisce le richieste della procura.

Ormai si parla apertamente di impeachment, anche perché i collaboratori presidenziali vuotano il sacco davanti ai giudici, uno dopo l'altro. La Camera dei Rappresentanti approva la messa in stato d'accusa dell'inquilino della Casa Bianca che ora non rischia solo la poltrona ma la prigione: l'accusa è di ostacolo alla giustizia ed all'attività del Congresso. C'è una sola via d'uscita, le dimissioni. Tricky Dicky firma il suo ultimo atto ufficiale e cede la responsabilità di guida della Nazione al vicepresidente Gerald Ford il quale si affretta a garantire il perdono presidenziale al suo predecessore. E' il 9 agosto 1974, Nixon esce dalla Casa Bianca e sale sull'elicottero che lo porterà nella sua nuova residenza privata, lontano dal potere. Ironia della sorte, poche settimane dopo anche il proprietario della ditta costruttrice del Watergate Complex finirà sotto inchiesta: è italiano, è un avvocato, viene da Patti (provincia di Messina), è noto come banchiere dai metodi spregiudicati e come grande appassionato di origami e vanta ottimi agganci politici sia in patria che negli States. Quell'uomo si chiama Michele Sindona.

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