La partita del secolo

L'emisfero emozionale rappresenta la parte più complessa della psiche umana. Gioia, rabbia, entusiasmo, sconforto, stupore, depressione accompagnano la vita di ciascuno di noi in maniera a volte imprevedibile o comunque suscettibile di enormi differenze, da persona a persona. Esistono però attimi in cui l'emozione è condivisa collettivamente al punto da generare movimenti spontanei: è il caso di un cordoglio nazionale o di una celebrazione festosa. Ed alcune di queste emozioni a livello diffuso entrano di diritto nella storia di una comunità, di una generazione, a volte persino di un Paese.

Il 17 giugno 1970 allo Stadio Azteca di Città del Messico si gioca una delle due semifinali del campionato del mondo di calcio. L'una di fronte all'altra ci sono la favoritissima Germania Ovest del kaiser Beckenbauer, che nei quarti ha eliminato i campioni uscenti dell'Inghilterra rimontando due gol a venti minuti dal termine, e l'Italia del ct Valcareggi. Gli azzurri, pur campioni d'Europa in carica, non se la passano granché bene: in campo finora hanno ottenuto due vittorie e due pareggi, qualificandosi al primo posto del proprio girone eliminatorio senza entusiasmare e ricevendo invece forti critiche da parte della stampa. Nel mirino di tutti c'è la staffetta tra Sandro Mazzola e Gianni Rivera, un dualismo che ha spaccato gli italiani calciofili in partiti contrapposti, ma anche dei risultati appena sufficienti. Al contrario i tedeschi sono elogiati da tutti per il gioco essenziale ma efficace, per la spietatezza, per la capacità di trovare sempre la soluzione giusta. L'esito della semifinale sembra dunque già tracciato.

Si respira tensione un po' ovunque. Ma quando le squadre scendono in campo, a sorpresa è l'Italia la formazione più libera mentalmente. Gli azzurri giocano in maniera piuttosto sciolta, dialogano tra loro ed all'ottavo minuto arriva la rete con Boninsegna. Ci si stropiccia gli occhi, quasi da non crederci. Italia 1, RFT 0. Ma dopo la rete, di fronte alla ritrovata grinta teutonica, la squadra di Valcareggi preferisce chiudersi in difesa, limitandosi a qualche contropiede per insidiare i rivali. In tribuna stampa sono molti a rumoreggiare, si parla apertamente di catenaccio, una parola che suona come una bestemmia in una semifinale mondiale. All'89° il portiere Albertosi salva provvidenzialmente su colpo di testa di Seeler ma tre minuti e mezzo dopo, in pieno recupero, il difensore Schnellinger che tra i club milita nello stesso Milan di Rivera sigla la parità sorprendendo un po' tutti. Mentre Martellini in televisione ed Ameri alla radio protestano per l'eccessivo tempo concesso dall'arbitro, i tifosi italiani si disperano e temono di veder sfumare una ghiotta occasione. Si va dunque al supplementare. Ed è subito una doccia gelata perché i tedeschi, ringalluzziti, passano in vantaggio con Gerd Müller su errore difensivo di Poletti. Potrebbe essere il colpo del ko, tecnico e morale: dopo ottanta minuti abbondanti di controllo del risultato, subire due reti in quattro minuti stenderebbe a livello psicologico persino un toro. Invece la reazione arriva da Burgnich che sfruttando a sua volta uno sbaglio della retroguardia avversaria infilza Maier. Al 98° è tutto da rifare.

Passano sei minuti, si è quasi a metà dei supplementari, quando "Rombo di Tuono" Gigi Riva prende il pallone in contropiede, si beve tutta la difesa e segna il 3-2. Tripudio assoluto, l'Italia sembra aver recuperato grinta e consapevolezza dei propri notevoli mezzi. Il vantaggio dura altri sei giri di lancette, tempo per il solito Müller di colpire di testa su una distrazione di Rivera su calcio d'angolo. La partita sembra non voler finire mai. Si riparte ancora una volta, palla a centrocampo. Tocca agli azzurri che tra lo stupore generale dopo 110 minuti di fatica trovano l'energia per il guizzo vincente. Pochi passaggi ben azzeccati, tedeschi praticamente immobili, quasi ipnotizzati. La palla arriva a Rivera che si fa perdonare da Albertosi l'errore di poco prima: è il 4-3, risultato ormai definitivo che vale la qualificazione alla finalissima contro il Brasile di Pelé.

La partita assurge subito a leggenda. Gli italiani si riversano nelle strade per festeggiare, nemmeno avessero vinto il titolo: è una rivincita morale dopo la delusione inglese di quattro anni prima culminata con il gol subito dal dentista nordcoreano Pak Doo-Ik. E quasi nessuno ricorda più l'epilogo del Mondiale 1970, il 4-1 subito per mano dei verdeoro che con quel risultato e forti del terzo successo assoluto guadagnano il diritto a custodire per sempre la Coppa Rimet. Per tutti, Italia-Germania diventa "la partita del secolo". Lo testimonia una targa allo Stadio Azteca, lo ricordano gli scrittori nei loro libri, ci pensa addirittura un film a tramandarne la memoria già nel titolo, parlando poi di tutt'altro. Ma tanto basta. Ed ancora oggi, a cinquant'anni di distanza, basta pronunciare il nome delle due squadre ed il risultato conclusivo per suscitare emozioni uniche.

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