L'Angelo ed il Cannibale

Gli angeli sono esseri mitologici, forieri dei sentimenti migliori, spesso raffigurati nell'iconografia classica come candidi fanciulli biondi e riccioluti, provvisti di un paio di bianchissime ali da cigno. Per estensione, si definisce angelo custode chiunque manifesti abilità di tutela e di cura dei meno fortunati oppure di chi si trova provvisoriamente in gravissimo pericolo. Claudio Costa, per tutti "dottorcosta", è un angelo, anche se non ha i tratti somatici gentili immaginati dai pittori del rinascimento né una voce suadente. Romagnolo verace, figlio di quel Checco che fu organizzatore di eventi motociclistici divenuti leggendari, Claudio è un ottantenne simpatico, alla mano, spiritoso e bonario, sempre disponibile ad aiutare. Laureato in Medicina con specializzazione in Chirurgia, per quasi mezzo secolo è stato l'angelo custode di centinaia di corridori motociclisti, salvando carriere e vite in maniera encomiabile, applicando in pista lo spirito di Ippocrate e divenendo il miglior amico e confidente di intere generazioni di piloti che hanno trovato in lui un autentico salvatore.

Il 26 giugno 1992 è un venerdì. Ad Assen, nei Paesi Bassi, è in programma come d'abitudine il Gran Premio d'Olanda su uno dei circuiti più impegnativi, veloci ma affascinanti di tutto il Motomondiale. Assen non a caso è definita l'università del motociclismo: il tracciato è sinuoso, stretto, privo di cordoli, occorre conoscerlo bene per interpretarlo alla perfezione. Il minimo errore, la più piccola distrazione o un calcolo erroneo di traiettoria e velocità si pagano con una caduta. E proprio quel giorno, durante le qualifiche per il Gran Premio della classe 500, un pilota cade rovinosamente. Non è un novellino, né una incauta wild card locale: lo testimonia la tabella numero 2 che campeggia sul cupolino della sua Honda NSR ufficiale colorata con il bianco/blu/oro del marchio Rothmans. Mick Doohan, australiano, 27 anni da pochi giorni, è vicecampione del mondo in carica avendo concluso l'annata 1991 ad una manciata di punti dall'iridato Wayne Rainey, alfiere della Yamaha-Marlboro di Kenny Roberts. Doohan è il cavallo di punta della scuderia HRC che gestisce le moto ufficiali della Casa dell'Ala Dorata e si trova in testa alla classifica della classe regina grazie ad un impressionante ruolino di marcia che l'ha visto vincere cinque delle prime sette corse della stagione, con due secondi posti a corollario. Tutti scommettono su di lui, il 1992 pare essere il suo anno per centrare l'agognato obiettivo del Mondiale. Ma Doohan commette un'imprudenza, nel corso delle prove sbaglia leggermente l'impostazione di una traiettoria e scivola malamente. Nella caduta la gamba destra rimane incastrata sotto la moto, il pilota viene trascinato in una posizione innaturale dalla NSR procurandosi una frattura scomposta nel tentativo maldestro di liberarsi dalla presa. Portato in ospedale in tutta fretta, i medici olandesi gli consigliano un immediato intervento chirurgico per risolvere il guaio. Dovrà saltare ovviamente almeno due Gran Premi, Olanda inclusa, ma se tutto andrà bene il 2 agosto potrà correre di nuovo a Donington Park e lottare per vincere il titolo o addirittura anticipare i tempi e rientrare il 19 luglio in Francia. Doohan accetta, speranzoso, ed entra in sala operatoria.

Seguono ore di calvario. Perché qualcosa va storto in Chirurgia, l'operazione ha degli imprevisti, la gamba destra accusa una infezione, alla sera Doohan ha la febbre alta. Si inizia a parlare di setticemia, forse di cancrena, qualcuno suggerisce il ricorso all'amputazione dell'arto per salvare la vita al pilota. Al solo udire il verbo "amputare", Doohan ha i sudori freddi: pur debilitato dalla febbre l'australiano capisce che la sua carriera potrebbe finire a 27 anni, per non parlare del resto di una vita da trascorrere in sedia a rotelle. Il giorno dopo, ad ora di pranzo, mentre in pista si corre ed all'ospedale i medici olandesi discutono il da farsi, Doohan si fa portare un telefono e chiama l'unica persona di cui si fidi ciecamente. "Dottore, sono nei guai, ti prego, vieni ad aiutarmi", dice alla cornetta, la fronte imperlata di sudore. Claudio Costa non se lo fa ripetere due volte: è a lui che Mick Doohan ha telefonato inducendolo a precipitarsi all'ospedale di Assen irrompendo nella camera dell'australiano. Il medico romagnolo è una furia, arrabbiatissimo con i suoi colleghi locali dopo aver saputo che hanno corso dei rischi in sala operatoria invece di procedere alla ricomposizione manuale della frattura. Dopo una leggendaria sfuriata, Costa chiama un'autoambulanza, carica sulla lettiga sia Doohan che il suo rivale Kevin Schwantz, caduto poco prima in gara e giunto ferito all'ospedale: Claudio vuol portare i suoi ragazzi lontano da quell'inferno che gli sembra una macelleria. 

Costa prende i due piloti e parte come un forsennato in direzione Italia, via da tutti. Schwantz è uno abituato a cadere, ha in corpo parecchie cicatrici ma ce la può fare senza troppi problemi. Doohan invece è messo male, ha un buco all'altezza della caviglia destra, nessuno sa come salvargli l'arto. Costa ha un'idea: "Un metodo barbaro - lo ricorda oggi Doohan - Un qualcosa che non si faceva da secoli ma che era anche l'unica speranza". Un qualcosa di sperimentale ma che non è un'assoluta novità per un medico abituato ad improvvisare sul campo, come aveva dimostrato a soli 33 anni inventando il life jacket, un giubbotto provvisto di kit di pronto soccorso per i medici da circuito. Costa propone di legare, anzi cucire letteralmente le due gambe di Doohan così da costringere in maniera quasi simbiotica l'arto sano, quello sinistro, a guarire per compensazione il destro. Una stregoneria? Un caso da scienziato pazzo? Forse. Però è anche l'ultima speranza per Doohan, che sta rischiando anche la vita. Per 15 giorni l'australiano resta a letto, sedato, le gambe unite ma non avvitate per mantenere un minimo di tono muscolare necessario per un pilota. Dopo oltre due settimane Costa esegue un test, provoca una ferita marginale, poco più di un graffio, per verificare se la pelle della gamba destra sia capace di rigenerarsi: l'esperimento dà esito positivo, Doohan è guarito e può pensare a ritornare a pilotare la sua Honda.

L'incidente ha lasciato segni evidenti sull'australiano, la sua gamba destra resterà per sempre più corta di un paio di centimetri rispetto all'altra, ma Mick Doohan è vivo e soprattutto può tornare a camminare ed a salire in sella. Quando il 23 agosto ad Interlagos nel box HRC la moto n.2 torna a disposizione del suo legittimo titolare sembra un miracolo. In gara Doohan non ha il ritmo richiesto, chiude dodicesimo ed il successivo 2 settembre a Kyalami, in Sudafrica, il sesto posto in gara non basta a coronare col titolo una miracolosa rinascita. Rainey, terzo al traguardo dell'ultima prova stagionale, ottiene il tris per appena 4 punti e rimanda il lieto fine della favola di Doohan - lo stesso Rainey un anno dopo abdicherà tragicamente a Misano Adriatico in un incidente che lo renderà tetraplegico. L'appuntamento con l'iride per Doohan giungerà nel 1994 inaugurando una serie eccezionale: per cinque anni consecutivi l'australiano dominerà la classe 500 meritandosi il soprannome di "cannibale". A Phillip Island nel 1998, festeggiando il suo quinto ed ultimo alloro, vorrà sul podio assieme a lui Claudio Costa: "Mi ha salvato la vita e la carriera - dirà - Senza di lui, mi avrebbero amputato la gamba. Non sarei qui, sul podio a festeggiare, se lui quel giorno non mi avesse fatto scappare da quell'ospedale in Olanda curandomi con metodi radicali ma efficaci". La carriera di Doohan si chiuderà di lì a poco in seguito ad un nuovo incidente, nella primavera del 1999, sempre alle gambe ma senza rischi per la propria vita; Claudio Costa, amico dei piloti e medico della salvezza, continuerà la sua opera sui circuiti di tutto il mondo sino al 17 marzo 2014, giorno del passaggio delle consegne nella sua ormai famosissima Clinica Mobile: il suo posto verrà preso dal dottor Beppe Russo, per Claudio inizierà il meritato riposo dopo cinquant'anni spesi in prima linea, da angelo custode dei motociclisti.

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