Un buco nero nel mare

Il radar, strumento preziosissimo non solo in ambito bellico, dalla sua introduzione ad oggi ha apportato grandi benefici all'aviazione civile. Tramite i segnali raccolti il controllo del traffico aereo può identificare le rotte, correggere eventuali errori, attribuire precedenze o segnalare ritardi. Ma non può nulla quando una traccia radar lasciata da un velivolo si attenua per poi sparire. In quel caso l'unica soluzione è allertare le autorità per verificare cosa sia successo, ben sapendo che difficilmente può essere occorso un guasto alle apparecchiature. Quando una traccia radar scade di qualità e scompare dagli schermi significa che è successo qualcosa di anomalo, qualcosa di terribile.

E' la sera del 27 giugno 1980. Il controllo di Ciampino verifica la rotta di un velivolo, l'I-TIGI Itavia IH870, un volo commerciale diretto dal "Marconi" di Bologna al "Punta Raisi" di Palermo. L'aereo è un vecchio DC-9 della compagnia succursale dell'Alitalia per i voli a breve raggio interni, un velivolo in buon stato e reduce sì da una lunga attività ma anche da collaudi e tagliandi. E' in ritardo, il volo IH870: è partito due ore dopo l'orario preventivato da Bologna a causa del traffico. Però sta rispettando la tabella di marcia ed alle 20:59, circa un quarto d'ora prima dell'arrivo previsto a destinazione, contatta il controllo aereo per avere conferma dello stato dell'aerovia e della possibilità di atterraggio. Cinque minuti dopo l'operatore della torre richiama il volo ma non ha risposte. Può essere un guasto, pensa. Riprova, cambia gli scrambler, usa le frequenze di emergenza. Niente, IH870 è ammutolito; la traccia radar diventa sempre più fioca fino a evaporare dallo schermo. A Palermo i famigliari dei passeggeri in attesa vengono avvisati che il volo ha un ritardo "indefinito" mentre la macchina dei soccorsi si avvia. Solo il giorno dopo gli elicotteri della Guardia Costiera avvistano alcuni cadaveri che galleggiano nel mare, tra Ponza ed Ustica, assieme a dei rottami della fusoliera. I-TIGI Itavia IH870 si è inabissato con i suoi 81 occupanti tra equipaggio e passeggeri.

Come è stato possibile? Le prime ipotesi parlano di un cedimento strutturale dovuto alla vetustà del velivolo, ma vengono respinte al mittente dopo che sono divulgate le schede di manutenzione che mostrano il buon stato dell'aereo che aveva volato senza intoppi anche nei giorni precedenti. Poi si parla di una bomba a bordo, un atto di terrorismo non rivendicato: ipotesi balzana, il volo aveva due ore di ritardo sul previsto ed una bomba a tempo avrebbe fatto esplodere il velivolo sulla pista ancor prima di imbarcare i passeggeri. I pochi sospettosi che avanzano l'idea di un missile vengono messi a tacere in maniera brusca. La tragedia di Ustica non ha una ragione né un colpevole e nemmeno si sa come recuperare tutti i resti visto che l'aeromobile si è inabissato a 3mila metri di profondità.

Quel che desta sospetto però è una curiosa coincidenza. In una zona battuta da radar militari di ogni tipo, nessuno sembra aver visto nulla. Il registro dell'impianto di Marsala è monco di una pagina, Licola e Grosseto paiono non aver visto nulla così come un AWACS americano in volo sul Tirreno mentre dalla portaerei "Saratoga", ancorata a Napoli, fanno sapere che è prassi disattivare le attrezzature radar quando si è alla fonda in un porto. Tutto molto strano. Mentre l'Italia piange 81 morti senza sapere perché, avviene una seconda stranezza: sull'Appennino calabro della Sila il 18 luglio 1980 viene ritrovato un aereo schiantato al suolo. Ai Carabinieri allertati da una telefonata appaiono i resti di un Mig-23 con le insegne dell'Aeronautica libica ed il cadavere del pilota che pur eiettatosi non è riuscito a sopravvivere schiantandosi sulle rocce. C'è qualcosa che non torna però: alcuni testimoni affermano di aver visto il Mig incanalarsi nelle montagne della Sila almeno tre settimane prima e lo stesso medico legale che firma l'autopsia afferma in un primo momento che il pilota doveva essere morto da parecchio tempo a causa dello stato di decomposizione del cadavere decisamente avanzato.

Che ci faceva quel Mig sulla Calabria? L'Italia non è in guerra con la Libia, nonostante i perenni attriti col regime di Gheddafi. Si scopre che esiste da anni un corridoio aereo segreto, concesso dalla Repubblica ad uso dell'aviazione libica per consentire agli aerei di fabbricazione sovietica privi però di armamento di recarsi in Jugoslavia per la manutenzione, impossibile da effettuare in patria. Dunque il Mig sarebbe precipitato mentre si stava dirigendo a Belgrado per un tagliando programmato. Ma se è così, perché questa difformità di date e di fatti? E perché nello stesso giorno della presunta scoperta del caccia schiantato al suolo nel Mediterraneo viene organizzata una imponente esercitazione NATO che dovrebbe rendere impossibile persino ad un piccione solitario di poter volare senza essere intercettato?

Si fa strada l'ipotesi peggiore, un depistaggio per coprire un'inconfessabile verità. I cadaveri ripescati dal mare confermano che la fusoliera di IH870 è stata tranciata in maniera traumatica in volo, forse da un missile, forse dal contatto fortuito con un altro velivolo. Soltanto nel 1987 si riesce finalmente a recuperare l'intera carcassa dell'aereo precipitato in mare dopo che una ditta francese ha vinto l'appalto. Ma perché i francesi? E perché negli stessi giorni un devastante incendio scoppia all'interno della portaerei "Clemenceau" che era indiziata di trovarsi nel Tirreno nella notte del 27 giugno 1980? E come mai nello stesso anno uno dei sottufficiali del centro di Grosseto si toglie la vita? E cosa avevano visto davvero i due piloti dell'Aeronautica Militare in volo di rientro dopo l'addestramento nella sera del 27 giugno 1980 quando avevano segnalato un potenziale pericolo sul Tirreno nella stessa zona della rotta del DC-9? E perché nelle telefonate intercorse tra Ciampino e l'ambasciata USA a Roma si parla di "collisione in volo"?

Sono tanti gli interrogativi su una strage senza mandanti e senza esecutori definiti. Sono troppe le domande cui non si può rispondere. Non può più dir nulla il generale Giuseppe Santovito, all'epoca dei fatti a capo del SISMI: lo accusano di aver saputo di una trappola aerea ordita da francesi e americani sui cieli di Ustica per uccidere Gheddafi e di aver avvertito il rais libico che sarebbe tornato indietro... ma Santovito muore d'infarto diversi anni prima che inizi il processo. Non può più dir nulla nemmeno Gheddafi: in un'intervista televisiva e sulla stampa negli anni '90 conferma che Santovito lo avrebbe avvertito di far rotta su Malta evitando di proseguire verso Varsavia ma non chiarisce perché almeno un caccia della sua scorta avrebbe proseguito lungo la rotta della trappola... Gheddafi muore linciato dal suo popolo nella rivoluzione del 2011 e con lui è morta una possibile fonte sulle ragioni della strage. Non può più dir nulla neanche Francesco Cossiga che nel 1980 era Capo del Governo e che è Presidente della Repubblica quando i resti del DC-9 vengono ripescati e quando inizia l'istruttoria del giudice Rosario Priore: Cossiga dopo diversi anni afferma di sapere che il volo IH870 sarebbe stato abbattuto da un Mirage francese della "Clemenceau" con un missile a risonanza nel corso di una battaglia aerea a sorpresa, poiché un aereo libico si sarebbe nascosto al di sotto dell'aeromobile civile italiano... ma Cossiga muore senza aggiungere altro e senza portare elementi utili a suffragare la sua tesi.

Resta il dolore straziante, il computo di 81 vittime tra cui donne e bambini, persone morte in un attimo a 7mila metri d'altezza sul mare senza sapere il motivo di quanto stava accadendo loro. In un bellissimo film di denuncia del regista Marco Risi, lo sfortunato attore Corso Salani che interpreta la parte di un giornalista del "Corsera" intento a cercare la verità sull'accaduto detta al telefono il suo articolo dopo la deposizione dei vertici militari a San Macuto: "Perché chi sapeva è stato zitto? Perché chi poteva scoprire non si è mosso? Perché questa verità era così inconfessabile da richiedere il silenzio, l'omertà, l'occultamento delle prove? C'era la guerra quella notte del 27 giugno 1980: c'erano 69 adulti e 12 bambini che tornavano a casa, che andavano in vacanza, che leggevano il giornale o giocavano con una bambola. Quelli che sapevano hanno deciso che i cittadini, la gente, noi non dovevamo sapere: hanno manomesso le registrazioni, cancellato i tracciati radar, bruciato i registri, hanno inventato esercitazioni che non sono mai avvenute, intimidito i giudici e colpevolizzato i periti. E poi hanno fatto la cosa più grave di tutte: hanno costretto i deboli a partecipare alla menzogna, trasformando l'onestà in viltà, la difesa disperata del piccolo posto di lavoro in mediocrità, in bassezza. Perché?"

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