Il Pronunciamiento

Un clima di violenza, agguati, uccisioni nella notte. Ed un proclama finale che non lascia spazio alle interpretazioni ma decreta esclusivamente il conflitto aperto. La mattina del 17 luglio 1936 un aereo atterra a Melilla, a bordo c'è un alto ufficiale dell'esercito spagnolo in arrivo dalle Canarie. Il suo compito è arringare la truppa che si è appena sollevata e studiare le prime mosse per rovesciare il legittimo governo in carica. E' l'inizio di un periodo buio per la Spagna, è il giorno in cui il golpe dei generali sancisce l'avvio della guerra civile.

Da cinque anni lo Stato iberico è retto dalla Seconda Repubblica. La società spagnola, allo stremo dopo le continue iniziative impopolari del re Alfonso XIII e di fronte ad un sistema che premia il latifondismo a danno delle masse, esprime il proprio dissenso alle urne nel 1930 quando socialisti e repubblicani prendono le grandi città lasciando ai monarchici solo le campagne ancorate al tradizionalismo cattolico. Il monarca è stretto in una morsa terribile: da un lato ci sono i movimenti progressisti che chiedono riforme agrarie, abolizione del latifondo e dei privilegi, garanzie sindacali e lavoro; dall'altro c'è il fronte dei militari che, ancora scottati dalla disastrosa guerra contro gli Stati Uniti che è costata la perdita di Cuba e delle Filippine, chiedono uno Stato forte ed ancor più autoritario. Dubitando della fedeltà persino della Guardia Civil, Alfonso XIII preferisce la via dell'esilio.

La Repubblica nasce con una eredità pesantissima. Gli spagnoli diffidano dei militari, memori del colpo di Stato di Primo de Rivera, e premiano in cabina elettorale un blocco composto da radicali, socialisti, repubblicani e socialdemocratici. Il nuovo governo si impegna in una riforma agraria che riduce l'orario di lavoro, obbliga i proprietari alla coltivazione dei terreni ed abbassa i prezzi dei prodotti agricoli. Misure che non piacciono alla destra reazionaria che viene colpita da ulteriori due provvedimenti, cioè la riduzione del quadro ufficiali dell'esercito e l'abolizione dei privilegi della Chiesa cattolica i cui possedimenti sono espropriati e distribuiti ai poveri.

Ce n'è abbastanza dunque per soffiare sul fuoco del risentimento. Anche perché in alcune zone del Paese i braccianti, ritenendosi finalmente liberi dopo secoli di sfruttamento, assaltano le ville dei padroni e le chiese per imporre una sorta di giustizia sociale fai-da-te. Dopo poco più di un anno dall'instaurazione della Repubblica si verifica il primo tentativo di golpe da parte di un militare, il generale José Sanjurjo, che fallisce miseramente nei propri propositi acuendo però la spaccatura tra gli opposti emisferi della società iberica. I sindacati ed i partiti politici si dotano di apposite milizie, i minatori scioperano, il governo è costretto a continui rimpasti sino alla decisione di sciogliere le Cortes e di tornare alle urne. In una Spagna spaccata in due, il Frente Popular vince di misura le elezioni del febbraio 1936 contro le forze reazionarie ma queste ultime iniziano i preparativi per il putsch scatenando la violenza nelle campagne. Ad inizio estate del 1936 la situazione ormai è esplosiva. Nelle notti di Madrid le squadre della morte della Falange imperversano ed il 12 luglio uccidono il comandante delle Guardie Repubblicane José del Castillo. In risposta, le Guardie scatenano una caccia all'uomo: prima cercano l'ex capo dei conservatori Gil-Robles, poi rapiscono ed uccidono Calvo Sotelo, monarchico a capo dell'opposizione di destra. E' il segnale, il casus belli invocato dalla Reazione per intervenire. I piani sono pronti e si tratta solo di metterli in atto.

A comandare le operazioni ovviamente viene designato Sanjurjo che dei golpisti non è solo uno dei più alti in grado ma è anche quello unanimemente riconosciuto come autentico capo. Al suo fianco può contare su una giunta militare di generali fedeli tra cui Queipo de Llano e Mola. La mattina del 17 luglio le guarnigioni del Marocco spagnolo si rivoltano contro il governo e catturano gli ufficiali comandanti. Per mettere in riga i rivoltosi ed incanalarne la furia, i golpisti spediscono un generale che è appena fuggito dall'esilio alle Canarie. Francisco Paulino Hermenegildo Teódulo Franco y Bahamonde ha 43 anni, è uno dei generali più giovani e vanta un curriculum di sangue, avendo comandato le truppe che hanno represso senza pietà gli scioperi nei Paesi Baschi alcuni anni prima. Tocca a lui parlare ai soldati marocchini, i primi ad essersi sollevati. "Vogliono abolire la religione, abolire Allah!", urla alla truppa inferocita che gli promette fedeltà. Il governo inizialmente pensa che si tratti di una ribellione locale e rifiuta le offerte di aiuto da parte dei maggiori sindacati che chiedono di armare gli operai in risposta all'Alzamiento del Tercio.

Ma l'Esecutivo si sbaglia. Poche ore dopo la ribellione marocchina, altre guarnigioni metropolitane si sollevano al comando di Mola e di Queipo de Llano prendendo il controllo delle Asturie, delle Baleari e di altre porzioni del territorio. Madrid, Barcellona e Valencia però resistono ai primi assalti dei nazionalisti e diventano delle piazzeforti-simbolo mentre i civili si armano per sostenere il governo contro i rivoltosi. Il grosso delle truppe è isolato in Marocco, con la Marina spagnola che quasi interamente si schiera dalla parte della Repubblica - i golpisti riescono a metter le mani solo sui nuovi ma incompleti "Canarias" e "Baleares", su una vecchia corazzata e su qualche unità minore. Il problema è risolto con l'intervento straniero, Hitler e Mussolini mettono a disposizione numerosi aerei da trasporto per spostare il Tercio nel Continente bypassando il blocco navale: è il primo di una serie di aiuti che consentirà ai nazionalisti di reggere il peso della guerra. Il 20 luglio Sanjurjo muore in un singolare e mai del tutto chiarito incidente aereo; al suo posto si insedia una triumvirato composto da Franco, da Mola e da Queipo de Llano. Tempo un anno e Franco si ritrova a capo indiscusso dei rivoltosi, visto che anche Mola muore in aereo e che il figlio dell'ex dittatore Primo de Rivera viene fucilato in carcere.

La guerra civile spagnola diventa un terreno di scontro ideologico, tattico, materiale. A parte l'impegno di volontari esteri, alcune delle maggiori potenze intervengono in prima fila per supportare le parti in lotta. La Repubblica può contare sull'appoggio del Messico ma soprattutto dell'URSS che invia aerei, carri armati, munizioni ed inizialmente anche alcuni consiglieri militari ed istruttori oltre a piloti. I nazionalisti godono del supporto dell'artiglieria e della Legione Condor hitleriane, quest'ultima formazione aeronautica che può sperimentare a Guernica gli effetti del bombardamento indiscriminato sui civili sfruttando i nuovi Heinkel e Stukas. L'Italia fascista partecipa generosamente al fianco degli insorti con un "Corpo Truppe Volontario" che maschera in realtà quattro divisioni regolari, con l'Aviazione Legionaria che bombarda le città e con una flotta di sommergibili che agisce secondo la tattica della pirateria nei confronti del naviglio commerciale e non solo.

Sono tre anni di guerra pesantissimi per la Spagna. Tre anni in cui la Repubblica sopravvive con difficoltà, fronteggiando persino una lotta fratricida a Barcellona, mentre i nazionalisti guadagnano terreno. A Guadalajara per la prima volta si verifica anche uno scontro tra italiani, di fronte i volontari del "Battaglione Garibaldi" (antifascisti fuoriusciti ed inquadrati nelle Brigate Internazionali) e le truppe mussoliniane; a sorpresa vincono proprio gli antifascisti infliggendo un colpo pesante al morale del dittatore romagnolo. Tuttavia le grandi difficoltà interne ed esterne segnano la sorte dei repubblicani che si arrenderanno nella primavera del 1939, spianando la strada alla nascita di una dittatura oscurantista e repressiva, quella del Caudillo.

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